Lezione di informatica in una scuola del Tibet (foto LaPresse)

Così la Cina vuole controllare internet dalla fonte

Eugenio Cau
Pechino vuole mettere dei cyberpoliziotti nelle sedi delle compagnie di internet. Il cambio di strategia della censura

La Cina progetta di imporre alle compagnie di internet presenti sul suo territorio delle unità speciali di polizia che tengano d’occhio le aziende tecnologiche dall’interno. Scrive l’agenzia di stampa Xinhua che delle unità di poliziotti saranno “embedded” all’interno delle aziende, e avranno il compito di prevenire i crimini digitali come le truffe ed evitare la “diffusione di rumors” online. Rumors di solito è la parola che il governo cinese usa per identificare le voci di dissenso e i contenuti che travalicano gli stretti limiti della censura. L’annuncio della nuova misura repressiva non specifica quali compagnie saranno interessate dall’invio di agenti in pianta stabile, e se riguarderà anche le compagnie straniere. Internet in Cina è dominato da tre giganti: Alibaba nell’ecommerce, Tencent nella messaggistica e Baidu nella ricerca online.

 

La decisione di reprimere la libertà d’espressione direttamente dalla fonte usando forze di polizia nelle aziende è un passo di notevole anche per la dura censura cinese, e il segnale di un cambio di strategia in senso repressivo per il regime di Pechino. Su internet come sui media, la repressione dei contenuti ha sempre funzionato in senso soprattutto passivo. Gli editori, i blogger, i giornalisti e i provider sanno quali sono i loro limiti, sanno cosa rischiano a travalicarli, e semplicemente applicano dosi massicce di autocensura. La Cina ha un apparato repressivo fenomenale, si stima che ci sia un milione di persone assunte per setacciare soltanto internet e i social network, cancellare gli account e i singoli post, ma almeno per le grandi compagnie e per i giornali importanti la necessità di usarlo fino a poco tempo fa era limitata: nessun imprenditore o editore osava superare i limiti della censura, e quando questo succedeva bastava una punizione esemplare per rimettere tutti in linea.

 

[**Video_box_2**]Da alcuni mesi però il regime censorio ha iniziato ad assumere un ruolo più attivo. Pechino ha lanciato grandi campagne contro i rumors e la pornografia online, ha inserito internet tra gli obiettivi di sicurezza nazionale e ha fatto proposte di legge molto dure, come quella che vorrebbe obbligare le compagnie informatiche che operano in Cina a usare solo hardware di produzione cinese e “controllabile” dal regime. La cyberpolizia a sorvegliare le compagnie è il segnale più preoccupante di questa tendenza.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.