L'Alto rappresentante dell'Ue, Federica Mogherini, e il ministro degli Esteri dell'Iran, Mohammad Javad Zarif, annunciano l'accordo sul nucleare (foto LaPresse)

Non si può avere fiducia in questo Iran

Redazione
La grande contraddizione dietro l’accordo nucleare svelato involontariamente da Obama, Kerry e Mogherini (e occhio a quei ventiquattro giorni)

“L’accordo è basato sulle verifiche, non sulla fiducia”. Questa frase di Barack Obama sull’accordo sul nucleare iraniano è la più citata dai difensori della cosiddetta “pace nucleare” (Rep.) come garanzia della bontà dell’operazione di apertura all’Iran. Verifichiamo, quindi possiamo reagire se per caso l’Iran fa il furbo. Nell’intervista concessa a Thomas Friedman del New York Times – Friedman aveva scritto poco tempo fa una column sulle sue perplessità sul negoziato con gli ayatollah – Obama spiega che l’obiettivo di questo accordo è quello di prevenire la costruzione della Bomba atomica nei prossimi dieci anni, l’Iran non diventerà “buono” domani, continua a essere un paese antisemita, antiamericano e sponsor del terrorismo, ma almeno, se tutto va bene, non avrà a disposizione l’arma nucleare per i prossimi dieci anni. Se tutto va bene, cioè se riusciremo a controllare.

 

Federica Mogherini, capa della diplomazia europea, a Repubblica dice candidamente che invece la fiducia è importante, sorge il dubbio che anzi questo “patto storico” sia un enorme atto di fede. L’Europa ha davanti molte opportunità, spiega Mogherini, “ma per sfruttarle dovrà costruire con l’Iran un rapporto di fiducia”. Ma la fiducia si conquista, dice l’intervistatore. E Mogherini risponde sicura: “L’Iran l’ha conquistata in 23 mesi di trattative. L’ha ricevuta dalle più grandi potenze del mondo”. Famo a fidasse, insomma.

 

[**Video_box_2**]E la fiducia deve essere davvero grande, perché la verificabilità è invero molto debole. C’è un meccanismo che permette di reintrodurre le sanzioni se l’Iran non mantiene fede alle sue promesse di smantellamento delle centifrughe e delle riserve di uranio, di utilizzo di centrifughe soltanto di prima generazione e di riconversione di alcune centrali, soprattutto Natanz e Fordow. Ma come si fa a scoprire che ci sono state delle mancanze? Con le ispezioni. Ci si aspettava che le ispezioni fossero, come dicono gli inglesi, “anytime anywhere”, cioè che fossero improvvise e a discrezione degli ispettori dell’Agenzia atomica. Invece l’Iran ha a disposizione almeno 24 giorni da quando arriva una richiesta di ispezione internazionale a quando deve concederla, se tutto va bene. Perché, se l’Iran non è d’accordo, si inserisce una corte arbitrale e i tempi si dilatano ulteriormente. I margini di manovra di Teheran sono quindi sufficientemente ampi: poche verifiche, molta fiducia.