Il presidente dell'Iran, Hasssan Rouhani (foto LaPresse)

"Hitler con l'atomica"

Giulio Meotti
Teheran brama la fine di Israele. Il generale di Entebbe: “L’accordo di Vienna ci mette in pericolo”. Tre giorni prima che l’Amministrazione Obama stringesse la mano ai mullah, l’ex presidente della Repubblica Islamica aveva scandito: “Israele è uno falso stato temporaneo. E’ un oggetto estraneo nel corpo di una nazione e sarà presto cancellato".

Roma. Il Palais Coburg, il lussuoso hotel di Vienna dove è stato firmato l’accordo sul nucleare dell’Iran, sorge in una piazza particolare. E’ intitolata a Theodor Herzl, il fondatore del sionismo. E proprio Israele martedì è quello che ha reagito più duramente all’accordo, definito una resa all’“asse del male”. Tre giorni prima che l’Amministrazione Obama stringesse la mano ai mullah, l’ex presidente della Repubblica Islamica, l’ayatollah Hashemi Rafsanjani, aveva scandito: “Israele è uno falso stato temporaneo. E’ un oggetto estraneo nel corpo di una nazione e sarà presto cancellato. Quando e come accadrà dipende da alcune condizioni che stanno cambiando rapidamente”. Forse Rafsanjani si riferiva all’accordo. “L’Iran su Israele dice quello che pensa nel profondo”, spiega al Foglio il generale dell’esercito israeliano Ephraim Sneh. Nel blitz di Entebbe, il 4 luglio 1976, tra le sue braccia morì Yoni Netanyahu, fratello dell’attuale primo ministro. Figlio di sopravvisuti alla Shoah, Sneh è anche “l’uomo che ha scoperto l’Iran”, perché fu il primo a sollevare l’allarme sull’atomica iraniana. Il laburista Sneh sottopose le sue conclusioni all’allora primo ministro, Yitzhak Rabin che, il 26 gennaio 1993, annunciò alla Knesset: “L’Iran è un pericolo strategico per lo stato d’Israele”. “Oggi siamo molto preoccupati perché l’ideologia della morte dell’Iran si coniuga a un apparato militare e nucleare immenso”, ci dice Sneh. “L’accordo di Vienna non distrugge il programma nucleare, lo congela. Inoltre fornisce impunità e legittimità al regime iraniano nella sua conquista globale”.

 

L’analista Mark Langfan, direttore dell’organizzazione “Americans for a safe Israel”, ha appena definito il regime iraniano “Hitler con la bomba atomica e il 56 per cento delle risorse petrolifere mondiali”. Eppure, la “razionalità” del regime iraniano è diventata egemone nelle cancellerie e nei pensatoi occidentali. Nel 2007 l’allora presidente francese, Jacques Chirac, disse che la bomba atomica iraniana non avrebbe avuto alcun uso offensivo. “Dove dovrebbero tirare la bomba, su Israele?”, chiese Chirac. Dello stesso avviso la Casa Bianca. Ma anche i volti più pragmatici del regime come Ali Akbar Salehi, l’attuale capo dell’Agenzia atomica iraniana, sono stati chiari: “Il regime israeliano è troppo piccolo per sopravvivere a una settimana di guerra”. Chi ha orecchie intenda. Quando due anni fa è rimasto ucciso in un attentato Mostafa Ahmadi Roshan, lo scienziato a capo della centrale nucleare di Natanz, la moglie è stata intervistata dall’agenzia Fars. A domanda su quale fosse il principale scopo del lavoro del marito, la donna ha risposto: “La distruzione di Israele”.

 

“Per l’Europa, Israele è un peso”

 

[**Video_box_2**]“Europa e America sul deal si sono mossi in nomi di cinici interessi economici”, dice al Foglio Mordechai Kedar, uno dei massimi esperti di mondo islamico alla Bar Ilan University, con alle spalle vent’anni trascorsi nell’intelligence militare di Tsahal. “L’Europa voleva aprire il mercato iraniano. Non ha alcun interesse in Israele. Anzi le dirò di più: nel loro intimo pensano che Israele sia un peso e che il medio oriente sarebbe più pacifico senza uno stato ebraico”. Secondo Kedar, gli ayatollah dicono quello che vogliono fare: “Agli occhi degli ayatollah, gli ebrei non hanno diritto a una terra e questo rende Israele votato alla scomparsa. Gli ebrei non hanno il diritto di sfidare i musulmani, meno che mai ucciderli, neanche per autodifesa. Per questo tutti gli ebrei in Israele sono meritevoli di morte. Gli iraniani faranno tutto il possibile per distruggere lo stato ebraico, e sanno che molte nazioni non verseranno una lacrima se Israele scomparisse. Uno dei leader iraniani ha già definito Israele un ‘paese da colpire con una bomba’, perché un’atomica su Tel Aviv è sufficiente a distruggere l’intero stato. Dobbiamo prenderli sul serio, ricordando che non abbiamo prestato attenzione agli avvertimenti degli anni Trenta. L’Europa, e una parte dell’America, non considerano più Israele come il primo bastione della civiltà. Ma l’Europa sarà la prossima a essere mangiata dal coccodrillo”.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.