Donne passeggiano davanti ai ritratti di Khomeini e Khamenei a Teheran (foto LaPresse)

Perché il capo della Cia ha fatto una visita discreta in Israele

Daniele Raineri
Domenica il Parlamento iraniano ha approvato la bozza di una legge che impedirà agli ispettori internazionali l’accesso alle basi militari – anche se fosse previsto dall’accordo sul nucleare con gli Stati Uniti e con altri cinque paesi occidentali (il cosiddetto 5+1).

Roma. Domenica il Parlamento iraniano ha approvato la bozza di una legge che impedirà agli ispettori internazionali l’accesso alle basi militari – anche se fosse previsto dall’accordo sul nucleare con gli Stati Uniti e con altri cinque paesi occidentali (il cosiddetto 5+1). La legge, se passerà, ha il potenziale per far fallire all’ultimo momento i negoziati per uno storico patto sul programma militare iraniano tra Teheran e i 5+1, che dovrebbe essere raggiunto dopo mille difficoltà entro il 30 giugno – mancano pochi giorni – e che prevede la dismissione del programma in cambio della fine delle sanzioni internazionali.
Come dice il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, un accordo nucleare che escludesse le ispezioni ai siti militari “è inutile”. Il Wall Street Journal scrive che quella legge “potrebbe diventare un ostacolo sulla strada dell’accordo, perché le sei potenze che stanno negoziando con l’Iran difficilmente accetteranno un divieto totale contro le ispezioni ai siti militari”.

 

Domenica un funzionario americano del dipartimento di stato ha detto che  “Non raggiungeremo l’accordo senza le ispezioni. Tutte la parti coinvolte nel negoziato sanno bene cosa è necessario per arrivare all’accordo finale, incluse la possibilità di accesso e la trasparenza”. Anche il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Yukio Amano, ha detto in un’intervista al Monde che le ispezioni ai siti nucleari sono una parte essenziale di un qualsiasi accordo e sono una routine normale per i 120 paesi che aderiscono al protocollo: “Se abbiamo un dubbio o riscontriamo irregolarità, possiamo chiedere di accedere, per esempio, a un sito non dichiarato, e questo include anche le basi militari”.

 

La bozza di legge approvata domenica a Teheran non fa che ratificare la posizione già espressa a metà maggio dalla Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei, che ha escluso – oltre alla possibilità per gli ispettori stranieri di entrare nelle basi militari – anche quella di interrogare scienziati iraniani. Dopo Khamenei, che è l’autorità suprema su ogni questione di stato in Iran, anche il ministro della Difesa, il generale Hossein Delghan, e il portavoce della Organizzazione atomica iraniana, Behrouz Kamalvandi, hanno ribadito il concetto e hanno respinto l’idea di ispettori stranieri dentro le basi.

 

L’America e altri paesi occidentali sospettano da tempo che l’Iran stia usando alcuni siti militari come centri di ricerca nucleare e come siti per i test. Parchin, una base vicino alla capitale Teheran, è considerata uno dei luoghi dove si provano i missili capaci di portare una testata atomica. L’Iran ha chiuso il complesso alle ispezioni internazionali a partire dal 2004.

 

La legge approvata (come bozza) domenica doveva essere in teoria una risposta alla legge americana che concede al Congresso un periodo di tempo di trenta giorni per esaminare le condizioni dell’accordo nucleare definitivo con l’Iran. Ma quella iraniana funziona alla rovescia: il Parlamento cede il potere di esaminare il patto e consegna l’ultima parola al Consiglio supremo della Sicurezza nazionale, un organo guidato da Khamenei – di cui si è spiegata qui sopra la posizione ufficiale. Inoltre la bozza chiede che le sanzioni internazionali cessino per intero e subito a partire dal primo giorno, senza progressione.
Lo speaker del Parlamento iraniano, Ali Larjani, sottolinea come questa cessione di potere sia naturale e che il Consiglio supremo è comandato dalla Guida suprema e che “noi (il Parlamento) non dovremmo legare le mani al leader. Qualsiasi decisione egli prenda, noi dobbiamo obbedire”.

 

Tre settimane fa, il direttore della Cia, John Brennan, è volato in Israele per un incontro – non dichiarato ai media – con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e con alcuni capi dell’apparato nazionale di sicurezza: il direttore del Mossad, Tamir Pardo, il capo dell’intelligence militare, il generale Herzi Halevi, e il consigliere per la Sicurezza nazionale, Yossi Cohen. Secondo un report scritto dal Memri, un istituto israeliano che si occupa di media e sicurezza, lo scopo di Brennan era spiegare agli interlocutori che il patto atomico funzionerà anche secondo le clausole imposte all’ultimo da Khamenei, quindi anche senza ispezioni internazionali e senza interrogatori degli scienziati iraniani. Il direttore della Cia – sempre secondo il Memri – aveva il compito di convincere gli israeliani che l’intelligence farà con i suoi mezzi il lavoro di sorveglianza e controllo che non potranno fare gli ispettori dentro i siti sospetti, e che le indagini ufficialmente in corso da parte dell’Aiea in Iran possono essere chiuse.
Il lunedì dopo (l’8 giugno) è arrivato in Israele anche il capo di stato maggiore americano, Martin Dempsey, per incontrare (anche lui) Netanyahu, il capo di stato maggiore Gadi Eisenkot e il ministro della Difesa Moshe Ya’alon. Entrambe le visite, secondo il quotidiano Yedioth Ahronot, erano in programma “da tempo”, ma non è sfuggita la vicinanza con il termine di scadenza del 30 giugno.

 

La scommessa totale di Obama

 

Il governo di Israele ha una posizione assai critica nei confronti di questo accordo nucleare e sostiene che l’Iran arriverà lo stesso, grazie a un programma clandestino, ad avere l’arma atomica – e che a quel punto imporre di nuovo sanzioni sarà inutile. Inoltre teme che l’annullamento delle sanzioni internazionali porterà a una accresciuta disponibilità di denaro per Teheran,  che sarà prontamente reinvestita nel rafforzare altri nemici di Israele, come epr esempio Hezbollah in Libano. L’Amministrazione Obama invece guarda all’accordo con gli iraniani come a una svolta storica,  il momento che imprimerà il nome di Obama sul futuro del medio oriente, in nome del quale si possono sacrificare altri pezzi di politica estera.

 

[**Video_box_2**]Questa differenza di vedute ha già portato i rapporti tra i due paesi al minimo storico di cordialità, e sta cambiando i rapporti nella regione – per esempio si insiste su una riconciliazione discreta che starebbe avvenendo tra Israele e paesi del Golfo, che in teoria non hanno nemmeno relazioni diplomatiche.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)