Lee Kwan Yew

La spietata democrazia di Singapore e il suo inventore, Lee Kwan Yew

Antonio Talia
Perché per capire come la Cina e l’Asia si rapporteranno all’occidente nei prossimi anni bisognerà partire dal vero Frank Underwood asiatico.
“Ho pianto, e ho visto numerosi uomini piangere intorno a me.  E’ come se fosse morto un genitore. Lui e il suo gruppo di pionieri hanno formato la nostra società, senza di loro saremmo finiti in bancarotta oppure saremmo diventati un qualche irrilevante stato della Malesia. O peggio, ci saremmo trasformati in un satellite comunista”. A trentacinque anni Stacey Choe è una figlia della Singapore che ce l’ha fatta, la sua vita e quella di cinque milioni e mezzo di suoi concittadini si è costruita attraverso l’azione politica di Lee Kuan Yew, 91 anni, il padre fondatore della patria morto la notte scorsa.

 

LKY, come lo chiamano i singaporiani, è l’uomo che in cinquant’anni ha trasformato un villaggio di pescatori nel quarto hub finanziario mondiale, passando attraverso la decolonizzazione, l’espulsione di Singapore dalla confederazione malese, gli scontri etnici degli anni Sessanta e un sudest asiatico tormentato.  Eppure la sua azione politica, l’eredità di LKY, non si limita alla città-stato di Singapore: abbraccia tutta l’Asia, affascina i funzionari del Partito comunista cinese che guardano sempre di più al “modello-Singapore” e, alla fine, ha delle precise ripercussioni anche su come vivranno gli occidentali nel Ventunesimo secolo.

 

Alcune ore fa il corpo di LKY è stato condotto per la veglia funebre a Istana, il palazzo governativo che da solo racconta tutta la storia di Singapore: ex residenza del governatore britannico, sede delle forze di occupazioni giapponesi quando l’Imperatore depose l’Union Jack in quella che è stata la peggiore sconfitta inglese nella Seconda guerra mondiale, il palazzo è una villa circondata da un immenso giardino nella trafficata Orchard Road.  LKY non ha mai voluto viverci: “Non volevo che i miei figli crescessero circondati da tanta magnificenza, con maggiordomi e servitù sempre pronti a soddisfare i loro bisogni”.

 

E’ solo la prima di una lunga serie di posizioni dure e antoconvenzionali, un profilo che ha reso famoso Lee Kuan Yew per la sua franchezza, ai limiti della brutalità: “Chiunque governi Singapore deve essere fatto d’acciaio, oppure mollare. Questa non è una partita a carte. Quali sono le nostre priorità? La prima è il benessere e la sopravvivenza del popolo, il processo e le norme democratiche vengono dopo. E, di tanto in tanto, è necessario sospenderle”.

 

Nei trent’anni in cui è stato primo ministro e nel ventennio successivo in cui ha occupato la carica di Minister mentor – carica creata appositamente per lui – Lee Kuan Yew ha provato ogni metodo possibile per eliminare l’opposizione al suo People’s Action Party. I critici sono stati arrestati o screditati attraverso cause per diffamazione che li hanno rovinati economicamente o costretti all’esilio, la stampa di Singapore ancora oggi si basa sui cosiddetti “out of bounds markers”, un termine preso in prestito dal golf che indica quali argomenti non devono essere trattati in una discussione pubblica.

 

“Non devo chiedere scusa a nessuno se il People’s Action Party è il governo e il governo è il Peoples’ Action Party”, ha detto Lee Kuan Yew in diverse occasioni, e il suo modello, secondo molti politologi, rappresenta un obiettivo sempre più affascinante per i nuovi funzionari del Partito comunista cinese: i due partiti hanno in comune un’organizzazione leninista, la Nanyang Technological University di Singapore tiene regolarmente corsi di amministrazione per i sindaci cinesi e la Lee Kuan Yew School of Public Policy e la National University of Singapore ospitano spesso funzionari di Pechino.

 

[**Video_box_2**]Oggi Singapore è una città-giardino governata dal figlio di LKY, dove si incontrano telecamere di sorveglianza posizionate a ogni angolo di strada, con un impressionante reddito pro capite e la maggiore concentrazione di miliardari al mondo. La società controllata dal partito-stato, fondata su una spietata meritocrazia, può indifferentemente regalarti la ricchezza o condannarti a qualche frustata per un graffito su un muro.

 

“Sono disgustata da quegli stupidi singaporiani che dicono che ha fatto tutto questo per se stesso”, dice Stacey, “Sono balle. Quest’uomo ha dato tutto se stesso e ha educato i suoi figli a prendere in mano la sua eredità in un’epoca in cui chiunque al suo posto ne avrebbe tratto solo vantaggi personali”.

 

E’ morto l’uomo che ha reinventato in chiave moderna l’autoritarismo confuciano, trasformandolo in uno stato paternalistico, allo stesso tempo benevolo e inflessibile. Per capire come la Cina e l’Asia si rapporteranno all’occidente nei prossimi anni bisognerà partire da lui.

 

Domani nel Foglio un ritratto di Lee Kuan Yew,  il depoliticizzatore pro mercato

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