Il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara (LaPresse)

Editoriali

Meno scuole, scuole migliori. Ripensare l'istruzione con la denatalità (e il Pnrr)

Redazione

Nell’ultimo decennio in Italia hanno chiuso 2.600 edifici e nei prossimi anni serviranno migliaia di classi in meno. I fondi europei non possono essere utilizzati tutti per le strutture: bisogna guardare anche alla qualità e alla sicurezza

“Il crac di un paese, il suo fallimento ontologico, è tutto qui”, scrive Repubblica mettendo in prima pagina ieri i dati della rivista Tuttoscuola, aggiornati ma non inediti nel loro significato: nell’ultimo decennio in Italia hanno chiuso 2.600 scuole, 1.756 della prima infanzia, le altre nelle primarie. E il numero certificato di 393 mila nascite in meno del 2022 non annuncia trend migliori per i prossimi anni. Un crollo strutturale che riguarda ugualmente statali e paritarie, ma che colpisce maggiormente le regioni del sud, dove la natalità è più in crisi. “Un fallimento ontologico”, dice Repubblica, ma anche un dato da affrontare. Già lo scorso anno analisi del Mef avevano indicato in un milione la popolazione scolastica “scomparsa” nel decennio precedente, ma ancor più si calcolava in un ulteriore milione e 400 mila allievi la riduzione nel prossimo. Segnalando, tra l’altro, un “esubero” di almeno 126 mila docenti. Ora si può aggiungere il dato sui plessi scolastici, e porsi qualche domanda su un mutamento epocale.

 

È ovviamente importante costruire (o più spesso ri-costruire) scuole che mancano o non sono più efficienti, e palestre o mense. È la tipica, storica richiesta fatta alla politica (e al bilancio dello stato). Ma è ora di prendere atto che le classi pollaio si stanno riducendo quasi ovunque, e che andrà valutato il costo-beneficio di fare scuole o palestre laddove non ce ne sarà più bisogno a breve. Ha fatto scandalo in questi giorni la notizia che verrà spostata a settembre la deadline per l’allocazione dei quasi venti miliardi di fondi del Pnrr per la scuola: mancanza di capacità per predisporne l’uso. Ma se si pensa che molta parte di quei soldi dovrebbe andare in strutture, e magari in strutture che tra qualche anno saranno vuote, viene una domanda: non è meglio ripensare tutto? Magari stanziare fondi per gli scuolabus o rimborsi alle famiglie che non possono usufruire della mensa? E soprattutto mettere più fondi, e idee, sulla qualità? E sulla sicurezza stessa dei docenti, come indica il fatto grave di ieri a Milano? La scuola non è solo aule.

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