EDITORIALI

Sindrome “Succession” per Generali

Redazione

Il piano Donnet e i paletti per non trasformare in un guaio la lista del cda 

"Succession”, serie tv pluripremiata ispirata pare alle baruffe dei Murdoch, può risultare utile per chi voglia orizzontarsi nella battaglia per le Generali, delle quali si è riunito ieri il consiglio d’amministrazione per varare il piano da sottoporre all’assemblea dei soci, ad aprile a Trieste, dove si conteranno non le promesse ma le azioni. Gli azionisti “privati” italiani, Leonardo Del Vecchio, Francesco Gaetano Caltagirone, la Fondazione Cassa di risparmio di Torino, affiancati da alcuni fondi, hanno un patto per scalzare l’ad Philippe Donnet e il management da sempre nominato da Mediobanca, a sua volta alleata con fondi come Algebris (che ieri ha rivendicato la sua neutralità su Generali) e con in prestito azioni da Bnp Paribas.

 

Certo, caratteri e modi della fiction sono estremi rispetto a ciò che si agita nelle stanze non ovattate della big assicurativa italiana. Ma la serie tv può far capire una novità, o quasi, del nostro sistema societario, che alle Generali fa il debutto più controverso: la lista del cda, cioè il modello di governance (nomi, posti e potere in consiglio) proposto agli azionisti. Questa prassi esiste in molti paesi dove gli scontri finanziari sono usuali, come la concorrenza; esisteva meno in Italia dove il management è, tranne le vere public company, teleguidato dagli azionisti di controllo. Nelle società dove prevalgono i fondi e i soci indipendenti la lista del cda non è un fatto traumatico. In quelle dove comandano i soci storici rischia di essere non una parte terza ma una parte in causa. La Consob si è svegliata proprio sulle Generali, suggerendo al cda uscente correttivi nel segno dell’indipendenza. Ma come appunto spettacolarizza “Succession”, una lista del board non è mai indipendente nei gruppi famigliari o, come Generali, a controllo bloccato. L’indipendenza del management, la concorrenza e la globalizzazione vanno cercate appunto nelle public company dove i fondi espongono sì il rischio-scalata ma costringono a creare valore, a curare di più il mercato. Certo è che di “succession” di tipo famigliare o simile se ne sono viste molte, e non tutte finite bene.