Arriva la terza stagione di “Succession”, una serie tv sempre avvincente

Mariarosa Mancuso

I figli contro il padre, la smania di potere, New York. Su Sky torna la saga che ha come protagonisti i Roy, con un vecchio conto da pagare. L'intreccio e la qualità di scrittura della serie sono di altissimo livello

Son tornati. Con la loro smania di potere, in ossequio alla legge di natura che fa combattere i figli contro il padre. Uccisione simbolica per diventare grandi – o almeno, una volta si usava così; adesso sono gli adulti che rinunciano a fare muro, inneggiare al dialogo è tanto più confortevole. I rampolli Roy sono in guerra con il capofamiglia Logan per assicurarsi il controllo della Waystar Royco, grande gruppo media con giornali, televisioni e un settore crociere (per amor di diversificazione) che sta procurando un sacco di guai. Non tutto quello che succedeva a bordo rispettava le impiegate: era prima del #MeToo, ma i conti vanno pagati adesso.

“Succession” torna per la terza stagione, lungamente attesa e per gli spettatori italiani iniziata lunedì scorso su Sky Atlantic (anche on demand su Sky e in streaming su Now Tv). Il maledetto Covid ha colpito duro sulla serie di Jesse Armstrong, che continua ad avere standard altissimi di scrittura: sono nove episodi e ce li dobbiamo far bastare. Per un attimo sembra di essere tornati a quando tutto cominciò: Logan Roy in elicottero, colpito da un malore che lo priverà per un po’ della coscienza e della capacità di prendere decisioni. Compiuti gli 80 anni, avrebbe dovuto annunciare il suo successore, e il figlio Kendall aveva già incautamente dato inizio ai festeggiamenti. 

Logan Roy è sempre in elicottero, stavolta con l’aria furiosa. Dopo un certo numero di scazzi che hanno alimentato le stagioni precedenti (con il generoso contributo dei fratelli Roman e Connor, della sorella Shiv, del cugino Greg che si è intrufolato nell’asse ereditario) Kendall Roy ha fatto la sua azzardatissima mossa. Ha buttato addosso al vecchio genitore le responsabilità per i fattacci a bordo delle navi da crociera. Chiunque avrebbe in mente come procedere, dopo il violento spariglio. Non Kendall, che è una strana miscela di sprezzo del pericolo e rancore, a dire la verità non ha neanche una faccia troppo intelligente. Mai come Connor, che aveva lasciato la famiglia per fare l’hippie nel deserto, e al momento si accompagna a una bionda con velleità artistiche.      

La poveretta si sente consigliare: “Mettiamo insieme le cose terribili che hanno detto sulla tua recitazione e creiamo il caso”. Da questo punto di vista, l’alternativo – fino a qualche tempo fa – Connor è in linea con la famiglia. Nel primo episodio, sono tutti in cerca di avvocati-squalo e di professionisti specializzati nella comunicazione. Kendall è così indietro che la sua assistente gli spiega: “Non devi ripetere ‘no comment’ ai giornalisti, basta non commentare”. Le specialiste convocate, e interrotte di continuo dalle sue nervose osservazioni, gli dicono “mi interessa il tuo arco narrativo”.

Il vecchio genitore consulta una lista che va da Sarajevo a Città del Vaticano: sono i luoghi in cui rifugiarsi, non hanno accordi di estradizione con gli Usa. La figlia Shiv, anche lei provvista di marito non sveglissimo, cerca di accaparrarsi per conto di papà i servigi dell’avvocatessa Lisa Arthur. La stessa che Kendall vorrebbe arruolare, è una che non perde mai. Per convincerla, ha un asso nella manica: “Mio padre è il diavolo”.

Sedili di elicottero e divani di automobile, sale riunioni, consigli di amministrazione, camere d’albergo. Il panorama – a parte qualche spettacolare veduta dei grattacieli di New York – non cambia granché. Sono i dialoghi, e le alleanze sempre mutevoli – Logan si deve far da parte, chi andrà a combattere in prima linea? – a rendere” “Succession” avvincente. Un graditissimo cambio di passo, dopo le miserie che spingono al macello i concorrenti di “Squid Game”.

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