Flashmob a Roma per la liberazione di Patrick Zaki (Ansa)

Editoriali

Un prigioniero italiano al Cairo

Redazione

Chi non vuole fare pressing sull’egiziano al Sisi non vuole fare nulla

Tre mesi dopo il voto al Senato, anche la Camera  ha approvato con 358 voti a favore la mozione che chiede al governo il conferimento della cittadinanza italiana a Patrick Zaki, lo studente dell’Università di Bologna detenuto in Egitto “per propaganda sovversiva” dal 7 febbraio del 2020, cinquecento e più giorni fa. La mozione prevede che il governo debba “avviare tempestivamente mediante le competenti istituzioni le necessarie verifiche” per dare la cittadinanza e che continui a “monitorare, con la presenza in aula della rappresentanza diplomatica italiana al Cairo, lo svolgimento delle udienze processuali a carico di Zaki e le sue condizioni di detenzione”. I deputati di Fratelli d’Italia si sono astenuti perché considerano questa mozione “un’ingerenza” del Parlamento italiano che “non aiuterà la situazione”. La Lega ha votato a favore ma ha usato la stessa parola, “ingerenza”, per esprimere i propri dubbi sull’esito di questa mozione.

 

Molti hanno ribadito che serve un’azione diplomatica evidentemente non considerando tale il conferimento della cittadinanza italiana a un detenuto senza prove e senza processo in condizioni oscene. Non è dato sapere quali siano le azioni diplomatiche alternative che secondo questi andrebbero fatte, ma è evidente anche dai dibattiti e già dal voto al Senato che c’è una riluttanza forte a dire all’Egitto e al suo presidente Sisi che il trattamento riservato a Zaki non è accettabile. E questo nonostante sia ormai chiaro che cosa è accaduto a Giulio Regeni e di chi sono le responsabilità. Il governo Draghi era stato cauto in passato, sottolineando che si tratta di un’azione parlamentare e non dell’esecutivo, e anche il ministro degli Esteri Di Maio aveva messo in guardia sugli effetti collaterali di quella che potrebbe apparire al Cairo come una provocazione. Al contrario, la diplomazia funziona proprio quando le pressioni sono univoche e continue. O meglio: credibili.

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