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Il colloquio
I 90 miliardi all'Ucraina e il tabù degli eurobond. Parla Codogno
La decisione di finanziare Kyiv con debito comune potrebbe far nascere qualche timore nei cittadini. “La preoccupazione per il crescente debito pubblico è condivisibile. Ma gli eurobond non sono il problema, ma parte della soluzione", dice l'economista della London School of Economics
Quando, in piena pandemia, è stato varato il programma Next Generation Eu, nonostante fosse evidente che si trattava di debito comune, i vertici europei hanno mostrato prudenza a pronunciare la parola “eurobond”. Dopo che il Consiglio Ue ha deciso di continuare a finanziare la difesa dell’Ucraina con prestiti per 90 miliardi, il presidente francese, Emmanuel Macron ha volutamente specificato la natura di questa nuova emissione: sono “eurobond”, ha detto. Cade così nella comunicazione un tabù che era già stato superato nella sostanza. Senza contare che il Consiglio Ue di fine anno ha approvato anche il progetto sull’euro digitale e altre misure rilevanti per il mercato unico dei capitali e l’unione degli investimenti e del risparmio.
E’ un momento storico per l’Europa? “Direi che è un passo in avanti a cui mancano vari elementi per diventare un momento storico, ma la direzione è giusta”, dice al Foglio l’economista Lorenzo Codogno (London School of Economics e Lc Macro Advisors). Codogno è uno degli studiosi scelti da International Economy per un simposio sulla politica fiscale europea. Uno dei temi centrali è rappresentato dai rischi dell’utilizzo sempre più diffuso degli eurobond e l’incipit è tutto un programma: è una mossa saggia oppure i politici europei stanno giocando con il fuoco? “La preoccupazione per il crescente debito pubblico è condivisibile – comincia Codogno – Ma gli eurobond non sono il problema, sono parte della soluzione. Anche considerando i programmi di espansione fiscale della Germania per le infrastrutture e la difesa, il rapporto tra debito e pil dell’Eurozona aumenterà di meno di cinque punti percentuali entro il 2030 grazie anche allo sforzo che stanno facendo i paesi periferici - in primis l’Italia - per tenere in ordine i conti pubblici. Questo ci dice che l’andamento del debito è molto più preoccupante altrove”. In effetti, secondo le statistiche armonizzate della Commissione, nel 2024 il debito pubblico si attestava all’88,9 per cento nell’Eurozona, all’82,2 per cento nell’Ue, al 101,3 per cento nel Regno Unito, al 124,1 per cento negli Stati Uniti e al 247,8 per cento in Giappone. “Il debito globale – osserva Codogno – non può continuare a crescere al ritmo attuale e, prima o poi, la bolla scoppierà. Tuttavia, credo che l’Europa non sia al centro di questo fenomeno”.
Quando di parla di debito pubblico si è abituati a pensare ai singoli stati europei. Ma guardando all’Europa nel suo insieme, il bicchiere appare mezzo pieno. Tuttavia, la prospettiva di un aumento di emissioni di eurobond suscita qualche preoccupazione per l’impatto che potrebbe avere sui mercati finanziari. Si tratta, infatti, di strumenti che non sono veri e propri titoli di stato: l’Ue non è autorizzata ad assumere debito, e a sostenere la responsabilità del rimborso sono gli stati in modo solidale. A oggi il volume delle obbligazioni Ue in circolazione ha già raggiunto 650 miliardi di euro e salirà a 740 con il finanziamento per la difesa dell’Ucraina. “I bond dell’Ue non rischiano di compromettere la credibilità sui mercati finanziari europei – prosegue l’economista - Anzi, nuove emissioni avranno l’effetto di aumentare la liquidità sottostante e, comunque, sono un passo necessario per proseguire seriamente con l’integrazione economica e finanziaria”.
C’è da aspettarsi che la decisione di sostenere l’Ucraina con debito europeo apra la strada alla difesa comune europea? “Potrebbe essere uno dei primi passi considerando che gli investimenti per la difesa rappresentano una condizione essenziale per lo sviluppo economico dell’Europa come suggerito dal Piano Draghi”. C’è una capienza massima per l’emissione di eurobond? “Occorre fare scelte responsabili puntando su alcuni grandi temi di interesse comune. Le attuali sfide geopolitiche rappresentano una minaccia esistenziale per l’Unione europea, poiché le sue istituzioni non sono attrezzate a rispondere mantenendo la necessaria legittimità democratica e l’efficacia. A mio avviso, non vi è alternativa se non quella di modificare i trattati e rafforzare l’integrazione politica. Ma nel frattempo bisogna finanziare l’Ucraina e i bond dell’Unione europea rientrano tra le risposte necessarie”, conclude l’economista.