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L'analisi

Urso e il Libro Bianco che non c'è: lo Stato Stratega senza strategia

Luciano Capone

Il Libro Verde doveva diventare Bianco, invece è diventato un giallo ministeriale: annunci, consulenti, bozze fantasma e nessuna strategia. Nel frattempo la manifattura arretra e la produzione cala da tre anni

Il Libro Verde doveva diventare Libro Bianco, ma ora è un giallo: nessuno sa che fine abbia fatto. L’indefinitezza cromatica della politica industriale del ministro Adolfo Urso si inserisce in un quadro drammatico per la manifattura italiana: produzione industriale che cade costantemente da tre anni, con un crollo di 7 punti rispetto ai livelli pre Covid; interi settori in crisi strutturale (si pensi solo alla siderurgia); perdita di valore aggiunto (-1,3% nel biennio 2023-24) e di produttività del lavoro (-0,7% nel 2024). Eppure oltre un anno fa, il 16 ottobre 2024, il ministro delle Imprese aveva lanciato al Cnel il “Libro Verde sulla politica industriale”: il primo mattone (di 250 pagine) della strategia “Made in Italy 2030”. 

Il malloppone elaborato dal ministero, oltre a ricostruire la storia e la forza del “Made in Italy”, puntava ad aprire un dibattito sul futuro della politica industriale definendo “l’identità industriale italiana”, “la sfida delle transizioni verde, digitale e geopolitica”, “il ruolo strategico dello stato nella sua azione nel mondo produttivo” e “la dimensione internazionale della politica industriale”. Al centro del documento c’era la definizione dello “Stato Stratega”, il cavallo di battaglia di Urso, inteso come un “attore pubblico che affianca le imprese nazionali nelle scelte industriali, aiutandole a perseguire competitività e produttività, tramite strumenti orizzontali e verticali, e lo sviluppo di competenze specifiche, capacità amministrative mirate, patrimonio informativo e capacità analitiche”. Di cosa si tratta in concreto? E in cosa questa entità differisce dallo Stato Imprenditore? Lo spiegavano le 250 pagine del Libro Verde, in cui erano enunciati i “15 obiettivi strategici” dello Stato Stratega.

Ma, come detto, questa era solo la prima fase del piano quinquennale (2025-2030). Poi sarebbe partita la consultazione pubblica con gli attori privati e gli stakeholder, che avrebbero dovuto rispondere a circa 50 domande aperte del tipo: “Qual è il valore materiale ed immateriale del Made in Italy e perché è importante tutelarlo e rafforzarlo?”, oppure “Quante risorse, in termini di pil, dovrebbero essere indirizzate alla politica industriale?”.

La consultazione, come annunciò Urso a ottobre 2024, avrebbe dovuto trasformare il colore del Libro Verde, producendo il testo fondamentale della Nuova Politica Industriale: “A febbraio [2025] presenteremo al paese un Libro Bianco con una prospettiva di 5 anni”, annunciava il ministro. Dopo la presentazione del Libro Bianco, la Bibbia della politica industriale, a giugno sarebbe dovuta nascere la “Conferenza delle Imprese e delle Filiere”, che sarebbe dovuta diventare la cabina di regia della politica industriale della Nazione, poi gli Stati generali dell’Industria e, infine, a gennaio 2026 il “Rapporto annuale sull’attuazione della politica industriale”.


Il problema, però, è che nulla di tutto questo è accaduto: il Gosplan non si è formato e la Nep di Urso non è neppure partita. Perché il Libro Bianco non è mai uscito. Anche se per questo progetto sono stati ingaggiati nel “Nucleo di esperti di politica industriale” una decina di consulenti con uno stipendio di 100 mila euro annui. Voci narrano l’esistenza delle bozze di questo misterioso manoscritto di oltre 300 pagine, contenente il piano industriale del governo Meloni. Ma il ministro, per fortuna, ha avuto il coraggio o il pudore di non pubblicarlo. Lo Stato Stratega così è senza strategia. Urso è tornato ad annunciarne l’uscita a ottobre, all’assemblea degli industriali di Verona e Vicenza: “Nelle prossime settimane presenteremo il Libro Bianco Made in Italy 2030, che delineerà la politica industriale del nostro paese per i prossimi cinque anni”. Sono passati altri due mesi, e ancora niente. “Lo presenteremo tra il 12 e il 18 gennaio – dice il Mimit al Foglio – il libro è pronto, aspettavamo le nuove proposte della Commissione sull’automotive” annunciate ieri, che prevedono un ammorbidimento dello stop nel 2035 del motore endotermico. “Una breccia nel muro dell’ideologia”, l’ha definita Urso. Chissà. Di certo c’è che il Libro Bianco ha già accumulato un anno di ritardo e, se mai dovesse accadere, vedrebbe la luce al quarto anno di governo. Praticamente a fine legislatura finita, a un annetto dalle elezioni del 2027.


La parabola incompiuta del Libro Verde non ancora Bianco rappresenta alla perfezione la politica industriale di Urso: tanta retorica sullo Stato Stratega, molta burocrazia, nulla di concreto. Mentre la produzione industriale declina e le imprese perdono competitività. Ma forse, visto com’è andato tutto ciò che il Mimit ha fatto finora, dall’Ilva a Transizione 5.0 passando per l’automotive e i cartelli alle pompe di benzina, c’è da augurarsi che il Libro Bianco del ministero delle Imprese trovi posto nella Biblioteca nazionale dell’Inedito di Franceschini.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali