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girotondo
Bruxelles ci ripensa sui motori tradizionali: flessibilità o retromarcia? Idee a confronto
Dal 2035 spazio anche a ibride, endotermiche e altre tecnologie oltre all’elettrico. Cosa succede ora? Parlano Vavassori (Anfia), Zanchini (responsabile clima Campidoglio), Salini (Forza Italia), Pedullà (M5s) e Pressi (Motus-E)
Bruxelles fa marcia indietro sull'automotive: le auto non elettriche potranno ancora essere prodotte. Con il pacchetto di proposte presentato ieri, la seconda Commissione von der Leyen ha di fatto cancellato il cosiddetto bando alle autovetture endotermiche, che a norme correnti (regolamento 2023/851) non avrebbero potuto più essere vendute dal 2035. Nella transizione energetica avranno quindi un ruolo anche i veicoli ibridi plug-in (Phev), quelli con range extender (un piccolo motore a scoppio che si accende per ricaricare la batteria quando si scarica), i veicoli ibridi leggeri e quelli con motore a combustione interna, oltre ai veicoli completamente elettrici e a idrogeno.
Per il settore europeo dell'auto si tratta di un cambio radicale delle regole, mentre dalla politica la decisione è vista con sospetto o forte contrarietà. Ecco un girotondo di idee:
Cambiare le regole a metà penalizza chi ha investito
Abbiamo espresso la nostra disponibilità a discutere su ogni cosa che poteva dare la flessibilità necessaria a un settore in grande difficoltà in tutta Europa. Siamo consapevoli che il Green deal nasce prima di due eventi dalla portata gigantesca e catastrofica, cioè il Covid e la guerra in Ucraina, dove abbiamo assistito a un' impennata del costo dell'energia. Detto questo, una cosa è comprendere la necessità di flessibilità, tra l'altro già accordata con il rinvio delle multe sul raggiungimento dei target sulle emissioni, una cosa è smontare letteralmente, come si sta facendo ormai in modo regolare in questo Parlamento europeo, un piano dalla portata storica. Politiche e rinvii del genere stanno facendo un grande torto non solo all'ambiente, ma anche a quella parte di imprese (specialmente italiane) che hanno diligentemente e anche in modo lungimirante guardato i vantaggi della transizione ecologica. Chi non ha fatto investimenti ed è rimasto a guardare risulta avvantaggiato, mentre chi li ha fatti quando l'Europa l'ha chiesto oggi è messo a rischio. E nel mondo economico il tempismo degli investimenti è fondamentale. Se tu cambi le regole a metà del processo stai mettendo in grande difficoltà gli operatori.
Gaetano Pedullà, eurodeputato del M5s
Un piano pieno di buchi non dà fiducia all’industria
Viviamo con preoccupazione. A oggi non abbiamo ancora avuto la possibilità di vedere il testo legislativo definitivo e anche quando lo vedremo ci saranno parecchi buchi: dalle comunicazioni di ieri abbiamo visto che molti aspetti importanti non sono ancora completi. Ad esempio non è chiarito come funzionerà il meccanismo di compensazione che porterebbe dal 90 al 100 per cento il target per i veicoli non completamente elettrici, e questa è una misura che avremmo tranquillamente evitato. La cifra legata al battery booster di un miliardo e mezzo prestati a tasso zero, poi, è abbastanza risibile. Dunque mancano molti aspetti che riteniamo importanti, e non c'è una vera visione che dica che l'industria dell'automotive europea va aiutata in maniera urgente, incisiva e molto decisa.
Roberto Vavassori, presidente dell'Anfia, dell’associazione che rappresenta la filiera dell’automotive in Italia
La flessibilità non ferma la transizione: l’elettrico resta il futuro
Non penso sia una tragedia. È un modo per andare incontro alle richieste legittime del mondo dell'automotive, ma da qui ai prossimi dieci anni l'accelerazione che ci sarà sull'elettrico renderà piuttosto evidente che la decisione presa ora non cambia quella che è una tendenza che andrà solo accelerando. Quindi la flessibilità della Commissione non pregiudica il raggiungimento degli obiettivi climatici. Il mondo andrà comunque in quella direzione.
Edoardo Zanchini, ex vicepresidente di Legambiente e responsabile Clima del comune di Roma
Una revisione necessaria, ma ancora tutta da definire
Il dibattito su questo tema andava decisamente ritrattato. E la necessità di riformulare questa proposta di revisione arriva sia dai produttori che dalle organizzazioni sindacali. La proposta è concepita nel modo corretto: parte dall'idea fondamentale di individuare i target di decarbonizzazione della mobilità ma senza vincolarli all'utilizzo di una sola tecnologia, cioè l'elettrico. Aprendo dunque alla neutralità tecnologica. Ovviamente ci sono cose da correggere. Perché contiene delle trappole che sono state infilate da una comunità di funzionari della Commissione Europea che fanno una fatica pazzesca a rinunciare alle loro idee. Ad esempio, c'è un piccolo paradosso: il pacchetto dice che i motori non elettrici potranno essere presi in considerazione a partire dal 2035, ma fino a quell'anno cosa facciamo? Secondo noi la neutralità tecnologica dovrebbe partire sin da subito, perché adesso le multe per le case di produzione sono state rinviate al 2027, e per pagarle tutte si possono mettere a rischio i bilanci dei produttori. La partita è stata riaperta, ma è tutta ancora da giocare.
Massimiliano Salini, eurodeputato del Ppe in quota Forza Italia e membro della commissione Ambiente
Adesso serve pragmatismo
Per noi il fatto che si sia data maggiore flessibilità è una cosa che va nella traiettoria giusta, in quanto aiuta le aziende del settore a investire nella ricerca e sviluppo, che è ciò che serve in questo momento. Speriamo ora che si inizi finalmente a parlare con pragmatismo e senza ideologie di politica industriale e competitività. Se vogliamo salvare i posti di lavoro e preservare il ruolo centrale dell’Italia e dell’Europa nel settore automotive dobbiamo accelerare sull’innovazione.
Fabio Pressi, presidente di Motus-E
a cura di Riccardo Carlino