Foto:Ansa. 

Nuove stime e revisioni

L'occupazione sale, ma è molto inferiore a quanto si pensava

Luciano Capone

L'Istat rivede al ribasso i dati: il mercato del lavoro cresce ancora, ma meno del previsto e in linea con un pil anemico (penultimi in Europa nel 2026 per crescita). Senza riforme, la frenata è inevitabile 

L’Istat ha diffuso i nuovi dati sul lavoro: in teoria a ottobre 2025 ci sono stati 75 mila occupati in più rispetto a settembre, ma in pratica ce ne sono 13 mila in meno. La differenza è quindi di 88 mila posti di lavoro, che pensavamo di avere e invece non ci sono. Ma cosa vuol dire? Andiamo con ordine.

Il quadro congiunturale dell’Istat è positivo: +75 mila occupati su base mensile, -59 mila disoccupati e inattivi stabili (-2 mila). Il tasso di occupazione sale al 62,7 per cento (+0,1 punti), mentre quello di disoccupazione scende al 6 per cento (-0,2 punti) con la disoccupazione giovanile giù al 19,8 per cento (-1,9 punti). Aumentano gli occupati permanenti (+31 mila) e indipendenti (+32 mila), meno quelli a termine (+13 mila). La foto dell’ultimo mese fornisce quindi solo buone notizie, ma il punto è che è cambiato il film dell’ultimo anno. 

Succede infatti che con il primo mese di ogni trimestre (gennaio, aprile, luglio, ottobre) l’Istat pubblica una nuova serie grezza e ricalcola la serie destagionalizzata rivedendo la storia recente. E’ un passaggio tecnico ma decisivo. I primi numeri pubblicati si basano su informazioni incomplete ed è normale che siano rivisti nei mesi successivi. Quando la stima viene aggiornata, cambia non solo l’ultimo dato, ma anche la traiettoria dei mesi precedenti. Così, se nella nuova serie l’Istat registra a ottobre 2025 un aumento degli occupati dello 0,3 per cento, nella revisione da settembre 2024 a settembre 2025 rileva una correzione cumulata degli occupati di -0,4 punti percentuali.

Pertanto, nella nuova serie destagionalizzata gli occupati totali a settembre 2025 si collocano a 24 milioni e 133 mila, mentre nella versione precedente gli occupati a settembre erano stimati a 24 milioni e 221 mila unità: 88 mila in meno. Con l’aumento di 75 mila unità ora stimato per ottobre, gli occupati salgono così a 24 milioni e 208 mila unità: nuovo record storico, sebbene inferiore di 13 mila occupati alla stima precedente. Quasi tutta la correzione viene registrata nel mese di luglio 2025: -0,3 punti percentuali, pari a oltre 100 mila occupati in meno.

Le revisioni fanno parte del mestiere delle statistiche ufficiali, soprattutto quando si tratta di stime mensili (non a caso l’Istat le indica sempre come “dati provvisori”), ma stavolta l’aggiustamento non è affatto marginale. Non si tratta neppure di un caso isolato. Nel trimestre precedente, con la diffusione dei dati di luglio, come all’epoca segnalato dal Foglio, la correzione della serie fu addirittura superiore: 120 mila occupati in meno.

Dai nuovi dati si possono trarre due considerazioni generali. La prima è che il mercato del lavoro italiano è molto meno surriscaldato rispetto a quanto si pensava solo qualche mese fa. Ciò vuol dire che non c’è quella forte divergenza tra la sostenuta crescita del mercato del lavoro e la debole crescita dell’economia: quel fenomeno, per cui erano state ipotizzate varie spiegazioni, era in gran parte dovuto a un problema di misurazione. La correzione al ribasso degli occupati e la revisione al rialzo del pil hanno allineato, o quantomeno reso più coerenti, la dinamica del mercato del lavoro e quella del pil.

La seconda considerazione è che, comunque, il mercato del lavoro prosegue la sua crescita. Se anziché le ultime istantanee mensili che sono per definizione più imprecise si guarda alla pellicola dell’ultimo anno, si vede comunque un bel film. Secondo la serie aggiornata, nell’ultimo anno (ottobre 2024-ottobre 2025) gli occupati sono aumentati di 224 mila unità, di cui +288 mila occupati permanenti, -188 mila a termine e +123 mila indipendenti. Naturalmente la velocità della crescita tendenziale dell’occupazione, che negli anni dopo il Covid era di 4-500 mila l’anno, registra un rallentamento ma comunque continua ad aggiungere nell’economia lavoratori e con contratti stabili.

Per il futuro, però, le prospettive non sono positive come per il passato. Se, come abbiamo visto dalle correzioni statistiche, l’andamento del mercato del lavoro non può divergere dall’andamento dell’economia, i dati sul pil non lasciano ben sperare. Quest’anno la crescita sarà dello 0,5 per cento e solo tre paesi in Europa faranno peggio (Austria, Finlandia e Germania). Nel 2026, secondo le stime della Commissione, il pil crescerà dello 0,8 per cento, secondo dato peggiore in Europa dopo l’Irlanda. Nel 2027, invece, con un aumento del pil dello 0,8 per cento l’Italia sarà ultima in Europa.

Senza riforme e politiche che riportino il paese a un tasso di crescita decente, anche il mercato del lavoro è destinato a fermarsi.

 

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali