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a palazzo chigi
Sull'ex Ilva i sindacati accusano il governo: "L'unico piano è la chiusura". Altri 6.000 in cassa integrazione
Salta il tavolo a Palazzo Chigi con Mantovano e Urso. Il governo: "Rammarico per il confronto interrotto". Spunta l'offerta di un nuovo operatore ma secondo le organizzazioni sindacali non c'è un vero piano industriale: "Progetto inaccetabile"
Il confronto tra governo e sindacati sull’ex Ilva di Taranto che si è tenuto ieri sera a Palazzo Chigi si è concluso con toni durissimi. Secondo le organizzazioni dei lavoratori, non esisterebbe un vero piano industriale per il rilancio dell'acciaieria: “L’intenzione è soltanto quella di chiudere lo stabilimento”, hanno detto dopo una lunga giornata di riunioni. Dai dati emersi, la cassa integrazione straordinaria potrebbe salire a 6.000 dipendenti entro gennaio, con un incremento già previsto a dicembre – da 4.550 a circa 5.700 unità – a causa della rimodulazione delle attività e della riduzione della produzione.
In serata Palazzo Chigi ha diffuso una nota esprimendo “rammarico per la decisione dei sindacati di interrompere il confronto”, ribadendo però “la piena disponibilità del governo a continuare l’approfondimento tecnico e ad affrontare anche i punti più critici sollevati durante la discussione”. I sindacati, tuttavia, non si dicono convinti. A loro giudizio, dietro le rassicurazioni e le ipotesi di nuovi acquirenti c'è un progetto di “chiusura mascherata” dell’impianto.
L’incontro, presieduto dal sottosegretario Alfredo Mantovano e al quale ha preso parte anche il ministro Adolfo Urso, era stato sospeso per consentire ulteriori verifiche tecniche tra esecutivo, commissari e consulenti. Ma le sigle sindacali hanno reagito con una netta rottura, annunciando che oggi incontreranno i lavoratori per riferire l’esito della riunione.
Secondo quanto trapelato, il ricorso esteso alla cassa integrazione dal 1° gennaio sarebbe legato al fermo delle cokerie, necessario per avviare gli interventi di decarbonizzazione. Ma le spiegazioni fornite dal governo non hanno convinto le parti sociali, né le rassicurazioni su una presunta trattativa “riservata” con un nuovo soggetto interessato a rilevare il gruppo siderurgico. Durante l’incontro, Urso avrebbe citato quattro potenziali investitori, tra cui Baku Steel, oltre ai fondi Flacks Group e Bedrock, già comparsi nelle trattative di settembre, più un quarto soggetto rimasto anonimo per motivi di riservatezza. Alla riunione hanno partecipato anche i rappresentanti delle regioni Puglia, Liguria e Piemonte, insieme a quelli di Invitalia.
Il giudizio finale dei sindacati è unanime. Per la Fim Cisl, la situazione è “drammatica”. Il segretario della Fiom, Michele De Palma, afferma: “Il governo ci ha presentato un piano di fatto orientato alla chiusura. Migliaia di lavoratori finiranno in cassa integrazione, e non c’è alcun impegno concreto sul rilancio o sulla decarbonizzazione. Andremo tra i lavoratori per spiegare che ci opporremo a questa scelta con tutti i mezzi a disposizione”.
Ancora più netto il leader della Uilm, Rocco Palombella: “Non esiste alcun piano industriale. Ci parlano di un piano ‘corto’ perché il tempo prima della chiusura è ormai poco. È un progetto inaccettabile, costruito sull’idea di fermare definitivamente l’ex Ilva. Non vogliamo essere complici di questa decisione: finora abbiamo collaborato, ma ora i lavoratori vengono condannati alla chiusura”.