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verso la manovra

L'Isee secondo Salvini è una fotografia distorta della realtà

Luciano Capone

Dopo i Btp, il leader della Lega vuole escludere anche la prima casa dall'Indicatore della situazione economica: una proposta iniqua e indecente

Matteo Salvini ha messo sul tavolo del governo una nuova proposta per la prossima legge di Bilancio: escludere la prima casa dal calcolo dell’Isee: “Bisogna rivedere le regole dell’Isee perché tutti i bonus vanno troppo spesso sempre agli stessi – ha dichiarato il vicepremier alla festa dell’Udc –. Non è possibile che possedere una prima casa ti tolga dalla possibilità di avere un contributo pubblico”.

L’affermazione del leader della Lega secondo cui “i bonus vanno troppo spesso sempre agli stessi” è per certi versi surreale, nel senso che l’assegnazione delle prestazioni di welfare in nessun paese al mondo avviene attraverso una lotteria in cui tutti i cittadini hanno le stesse probabilità di essere estratti ma – al contrario – cercando di beneficiare i nuclei familiari più bisognosi. Che, appunto, spesso sono sempre gli stessi.

E l’Isee – acronimo di Indicatore della situazione economica equivalente – è esattamente lo strumento usato per la cosiddetta “prova dei mezzi”: misurare, cioè, chi e in che misura ha diritto a determinate prestazioni assistenziali in base alla condizione economica familiare. Questo indicatore tiene conto del reddito di tutti i componenti del nucleo familiare e del loro patrimonio, mobiliare e immobiliare, che – a differenza dei redditi – pesa per il 20% del suo valore.

L’inclusione del patrimonio rende l’Isee uno strumento molto più affidabile e preciso della semplice dichiarazione dei redditi, da un lato perché riflette in maniera più completa la capacità economica di un nucleo familiare, e dall’altro perché in un paese ad alta evasione come l’Italia fotografa una ricchezza accumulata che in molti casi non è comparsa e non compare nelle statistiche tributarie. 

Non è pertanto un errore del sistema che “sempre gli stessi” ottengano prestazioni sociali, ma una sua caratteristica determinata dalla situazione economica delle famiglie italiane. E non è neppure un caso che i proprietari di casa siano più spesso esclusi dai bonus rispetto ai non proprietari: tendenzialmente sono meno bisognosi rispetto ai non proprietari. Secondo i dati dell’Istat, le famiglie che vivono in affitto sono il 18,1% del totale ma rappresentano il 46,5% delle famiglie povere, con un’incidenza della povertà assoluta del 21,6% rispetto al 4,7% di quelle che vivono in abitazioni di proprietà.

Peraltro una quota rilevante delle famiglie in povertà che vive nella casa di proprietà paga un mutuo e anche questo aspetto viene fotografato dall’Isee perché, dalla valorizzazione dell’immobile viene sottratta la quota capitale residua del mutuo. Per giunta, a differenza di quello che lascia intendere Salvini, la normativa attuale prevede già un’agevolazione relativa alla prima casa ai fini Isee. Nella valorizzazione dell’abitazione, la prima casa conta zero se il valore dell’immobile ai fini Imu, decurtato della quota capitale residua del mutuo, è inferiore alla franchigia di circa 52 mila euro: superata questa soglia, l’abitazione principale viene conteggiata solo per due terzi del valore eccedente. Per rendere l’Isee più efficace, semmai, sarebbe utile una riforma del catasto che allinei i valori catastali che attualmente non rispecchiano i valori di mercato.

Ma l’obiettivo di Salvini è opposto: avere un’immagine distorta della realtà. D’altronde è ciò che il governo Meloni ha già fatto con l’ultima legge di Bilancio escludendo dal calcolo dell’Isee i titoli di stato fino a un ammontare di 50 mila euro. Così, secondo questi parametri, una famiglia che vive in affitto e che non ha risparmi investiti in Btp viene considerata alla pari di una che ha una casa di proprietà (senza mutuo) e 50 mila euro di titoli di stato. È come se il governo, dopo la fotografia scattata dall’Isee, intervenisse con photoshop cancellando i patrimoni mobiliari e immobiliari per far sembrare alcune famiglie più povere e bisognose.

Sicuramente Salvini, da politico navigato, coglie un problema reale: buona parte del ceto medio italiano, a fronte di modesti incrementi di reddito lordo, subisce un forte aumento delle imposte e una contemporanea esclusione dalle prestazioni di welfare. Si tratta di quella che l’economista Massimo Baldini chiama “trappola della doppia progressività”: i poveri pagano poca o nessuna Irpef ma hanno assistenza; i benestanti pagano molta Irpef ma hanno i soldi per comprare i servizi sul mercato; mentre la classe media paga molte tasse e riceve pochi servizi o trasferimenti.

Questo è un problema reale, che però non può essere risolto rompendo o distorcendo il termometro. Basterebbe, ad esempio, alzare le soglie massime dell’Isee che attualmente escludono molte famiglie dalle prestazioni di welfare.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali