
editoriali
Su Ilva non ci sono più scuse. La firma che manca al governo per un piano verità
L’Autorizzazione integrata ambientale concessa dal ministero non basta: tra altiforni spenti, gara annullata e piani “green” mai chiariti. Il sindaco di Tranto Bitetti lascia, ma la fabbrica resta in crisi. Cronaca di un disastro annunciato
Il sindaco di Taranto Piero Bitetti, eletto un mese fa, è la prima vittima del piano del governo per Ilva. Il ministro Urso lo aveva detto al ballottaggio: le sorti di Ilva dipenderanno da chi vincerà le amministrative. Il candidato di centrodestra Francesco Tacente, al contrario di Bitetti, aveva promesso la sua immediata firma all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) “perché non c’è tempo”. Ma vinse Bitetti che dopo due giorni si è ritrovato le dichiarazioni di Urso: “O firma entro 48 ore o Ilva chiude a luglio”. Bitetti non ha firmato, e luglio è quasi finito.
L’Aia (come per legge) l’ha firmata e concessa il ministero dell’Ambiente. E autorizza 3 altiforni per altri 12 anni. Anche se a oggi i commissari del governo hanno ridotto l’Ilva a un solo altoforno che non arriva neanche a due milioni di tonnellate perdendo 50 milioni al giorno. Nel frattempo il ministro, dopo aver annunciato il vincitore della gara per la vendita, ha dichiarato di volerla annullare per farne una nuova, escludendo lo stabilimento di Genova. Evocando un inafferrabile piano per una nuova Ilva, che non a caso non annovera il costo, né chi lo realizzerà. Del resto difficilmente un investitore, dopo una gara già annullata, verrebbe in Italia per mettere 7 miliardi su un piano industriale già deciso.
Per questo, il governo ha provato a scaricare l’irrealizzabilità prima sulla magistratura, poi sugli enti locali. Da qui ci si è inventati un “accordo” interistituzionale propedeutico al rilascio dell’Aia, rimandato al 31 luglio. Ma l’Aia è stata già rilasciata, e questa intesa (che non è un “accordo di programma”) non ha valore fuori dalla stessa. Ma del resto, a Taranto come a Piombino, neppure quelli che lo avevano sono mai stati rispettati. E se il governo volesse, non avrebbe bisogno degli enti locali. Per questo non c’è bisogno che il sindaco di Taranto firmi, anche se si è dimesso non avendo il coraggio di dissociarsi da Emiliano. Sarà lui a firmarlo con il ministro Urso, così entrambi potranno dire di essere quelli che hanno fatto di Ilva la più grande industria d’acciaio green del mondo. Per dirlo basta una firma.