editoriali

Un nucleare senza slogan

Redazione

Se si vuole davvero puntare sul nucleare, occorre prepararsi seriamente, senza scorciatoie. Uno studio di Bankitalia indica la strada per una svolta energetica basata sui fatti

Nel dibattito italiano sul nucleare, lo sapete, succede spesso che chi è favorevole venga bollato come incosciente e chi è contrario come ideologico. Poi però arriva un documento come quello della Banca d’Italia e le semplificazioni evaporano. “L'Atomo fuggente”, questo il titolo dello studio firmato da Luciano Lavecchia e Alessandra Pasquini, è forse il più completo e realistico contributo finora prodotto da un’istituzione pubblica sul possibile ritorno del nucleare in Italia. Non dice “facciamolo”. Dice: ecco cosa serve per farlo bene. E già questo, in tempi di urla e posizionamenti, è rivoluzionario.

 

Bankitalia affronta con lucidità le tre grandi promesse del nucleare – prezzi, indipendenza, emissioni – e le mette alla prova dei numeri. I prezzi dell’elettricità? Non scenderanno magicamente, ma il nucleare può attenuarne la volatilità. L’indipendenza energetica? Non totale: ci si libererebbe dal gas, ma si aprirebbe una nuova dipendenza tecnologica e di filiera, da paesi come Russia, Cina, Kazakistan. Emissioni? Qui il vantaggio è netto: nessuna altra fonte stabile, programmabile e di carico base permette una riduzione comparabile della CO2, senza mangiare suolo o dipendere dal vento. Ma il punto più importante del documento è il suo realismo politico e tecnico. Gli autori spiegano che le tecnologie di nuova generazione (SMR, AMR) sono promettenti ma ancora incerte. Che serve una filiera industriale nazionale, oggi debole. Che costruire un reattore richiede tempo, competenze, investimenti e consenso sociale. E che l’intervento pubblico sarà inevitabile, come è avvenuto per le rinnovabili.

 

Insomma: se si vuole davvero puntare sul nucleare, occorre prepararsi seriamente, senza scorciatoie. Per questo il documento è importante: perché zittisce tanto i tifosi acritici quanto i fobici viscerali. E perché restituisce al paese quello che troppo spesso manca nel dibattito sull’energia: la capacità di scegliere sulla base dei fatti, non degli slogan. Bankitalia non fa politica, ma offre alla politica – se vuole – il manuale per discutere sul nucleare da adulti. Sarebbe già moltissimo.

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