chi comanda le banche

Quello che Orcel non ha capito delle quote rosa in finanza

Mariarosaria Marchesano

"L’idea che una donna non possa avere una certa posizione a meno che non ci sia una 'quota' non è accettabile", ha detto l'ad di Unicredit. Peccato, però, che non esista una banca italiana che abbia un amministratore delegato donna

Le quote rosa? Sono “imbarazzanti”, secondo l’ad di Unicredit, Andrea Orcel, che giovedì ha incassato il via libera dell’Antitrust europeo all’ops su Banco Bpm condizionato alla cessione di 209 sportelli. Nell’incontro promosso dall’Osservatorio permanente Giovani Editori, in cui ha ribadito come i governi “alzando barriere da tutte le parti” impediscono l’unione bancaria, Orcel ha risposto anche a domande di carattere più generale. L’idea che una donna non possa avere una certa posizione a meno che non ci sia una “quota” non è accettabile, ha detto aggiungendo che i suoi team hanno sempre avuto una maggioranza femminile, perché le donne lavorano di più, sono più motivate e sono più calme in condizioni di stress. Peccato, però, che non esista una banca italiana che abbia un amministratore delegato donna. Eccetto Elena Goitini, ad di Bnl-Bnp Parisbas, che è una banca francese, tutti i capi sono uomini e si vede da come si è infiammata la scena del risiko.

 

Cosa c’è di più maschile di un “Far west”, come lo ha definito Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo? In effetti, ci manca solo una colonna sonora di Ennio Morricone. Scherzi a parte, le parole di Orcel suonano come una provocazione dette da un banchiere che conta sul sostegno di quel mondo di fondi e investitori istituzionali che quando nel 2011 fu approvata la legge 120 sul riequilibrio delle quote di genere nei cda espresse ampio consenso. Quel mondo, infatti, intravide l’occasione per un rinnovamento dei consigli.

 

E oggi anche chi era più scettico ammette che l’aumento della presenza femminile nei consigli degli ultimi quattordici anni è coincisa con il rafforzamento del ruolo degli amministratori indipendenti e con un innalzamento del livello medio di istruzione dei componenti. L’ad di Unicredit in quegli anni lavorava fuori dall’Italia e magari non ricorda che la spinta verso un adeguamento a valori di “sostenibilità” – sociale e di governance – già consolidati in Europa, veniva proprio dalla base degli investitori. Ma forse i tempi stanno cambiando e Orcel lo sa.
 

Di più su questi argomenti: