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Il contraccolpo dei dazi
Crolla l'export della Cina verso gli Stati Uniti (ma aumenta verso l'Ue)
A maggio le esportazioni cinesi crollano del 34,5 per cento, mentre balzano del 12 per cento verso l'Unione europea, che compensa parzialmente l'impatto negativo dei dazi di Trump. Oggi l'incontro a Londra tra Washington e Pechino in cerca di un accordo commerciale
L'export cinese arranca, nonostante il segno positivo. A maggio 2025 la dogana cinese registra un aumento del 4,8 per cento su base annua, pari a 316,1 miliardi di dollari. Poco sotto le stime degli analisti, che ipotizzavano un +5,6 per cento, ma ancora peggio rispetto al +8,1 per cento di aprile, quando ancora l'effetto del “Liberation day" trumpiano era ancora tutto da vedere. E a maggio si è visto parecchio: le esportazioni verso gli Stati Uniti sono crollate del 34,5 per cento su base annua. Si tratta del calo più importante mai registrato negli ultimi cinque anni, quando la pandemia di Covid-19 aveva fermato il surplus commerciale della Cina con gli Stati Uniti a 25,37 miliardi di dollari nei primi due mesi dell'anno (ben al di sotto dei 42,16 miliardi di dollari registrato nello stesso periodo dell'anno 2019).
La frenata della Cina verso gli Stati Uniti potrebbe suonare come un buon risultato alle orecchie del tycoon, ma così non è. Soffrono anche le importazioni americane verso il Dragone, diminuite di oltre il 18 per cento e con un surplus commerciale della Cina verso l'
America ridotto del 41,55 per cento su base annua (pari a circa 18 miliardi di dollari). A ulteriore conferma di quanto le restrizioni commerciali sventolate dal tycoon come panacea per l'economia americana, in realtà, abbiano fatto il giro e danneggiato anche il paese che le ha imposte.
Oggi a Londra, si terrà un incontro ufficiale tra rappresentanti dei due paesi per raggiungere un accordo commerciale sui dazi, attualmente congelati grazie allo stop di 90 giorni concesso da Trump il mese scorso. Ma considerando che la Cina rappresenta il terzo mercato di sbocco per gli Stati Uniti –dopo Canada e Messico– la sfida fra Pechino e Washington avverrà ad armi pari. Ad incontrare i funzionari cinesi saranno il segretario al Tesoro Scott Bessent, il segretario al Commercio Howard Lutnick e il rappresentante degli Stati Uniti per il Commercio Jamieson Greer e, secondo il presidente Trump, gli incontri andranno “molto bene”.
Di fronte al crollo di spedizioni verso gli Stati Uniti, Pechino si consola con i buoni risultati verso tanti altri mercati esteri. L'export cinese è cresciuto verso il Giappone (+6,2 per cento), Taiwan (+7,5 per cento), l'Australia (+12,6 per cento), l'area Asean (+14,8 per cento) e infine l'Unione europea (+12 per cento).
Qualche giorno fa, la Cina ha proposto poi di istituire un canale diretto per facilitare le esportazioni di terre rare verso l'Ue, dopo che Pechino ha limitato le esportazioni al seguito dell'introduzione dei dazi statunitensi. Sempre sulla base mensile di maggio, le esportazioni cinesi di terre rare sono salite del 23, toccando i massimi da un anno con 5.864,6 tonnellate. Eppure, le restrizioni all'export imposte dal governo cinese ad aprile su alcune categorie di terre rare e magneti hanno già causato interruzioni nella produzione automobilistica europea e minacciato il comparto dei semiconduttori. Ad aprile, infatti, le esportazioni di magneti sono crollate del 50 per cento e diverse fabbriche di componenti auto in Europa hanno sospeso la produzione. L'idea lanciata da Pechino è dunque quella di garantire un flusso stabile di terre rare verso uno dei suoi partner commerciale chiave, evitando che le restrizioni applicate agli Usa danneggino anche i rapporti con l'Europa. In cui, nel 2024, sono arrivati beni cinesi per un valore di 227,17 miliardi di dollari. E non è escluso che il dato aumenti alla fine dell'anno in corso.