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Meno gas russo, più sole: cosa ci dicono i dati Terna sull'Italia 

I dati elettrici di aprile 2025 offrono un ritratto sorprendentemente eloquente dello stato del paese: è in movimento ma non corre e alcuni settori dell'industria arretrano. Aumentano incredibilmente gli accumuli e anche l'export cresce

Se volete capire come sta andando l’Italia, non leggete solo il pil. Guardate l’energia. I dati elettrici di aprile 2025, pubblicati da Terna, offrono un ritratto sorprendentemente eloquente dello stato del paese. Non perché ci siano scosse violente, anzi: perché tutto sembra un po’ fermo. Ma in quella stasi, come nei battiti del cuore appena accelerati, si leggono tante cose: il ritmo incerto dell’economia, la fatica della transizione energetica, il gioco a somma zero tra nord e sud, tra industria e servizi, tra natura e tecnologia.

Partiamo dal numero secco: 23,4 miliardi di kilowattora consumati ad aprile. È l’1,1% in meno dell’aprile 2024. Ma è un dato “grezzo”: se si tiene conto del calendario e della temperatura, il calo si attenua (-0,4%). E tuttavia resta il segno meno, in un contesto in cui già nei primi quattro mesi dell’anno la domanda elettrica è in debole flessione (-0,8%). Che significa? Che l’Italia è in movimento, sì, ma non corre. Né si ferma. Fluttua, come l’energia. Il segnale più rilevante arriva forse dal cuore pulsante dell’apparato produttivo: l’indice IMCEI, che misura i consumi elettrici delle grandi imprese energivore, è sceso del 2,9% rispetto ad aprile 2024. Attenzione: non tutta l’industria va male. Crescono l’alimentare, la carta, la meccanica, il cemento. Ma arretrano chimica, metalli, siderurgia. Cioè i settori più esposti alla competizione internazionale e al prezzo dell’energia. È come se l’industria italiana cercasse di proteggersi rifugiandosi nelle filiere più resilienti e locali. Un segno dei tempi.

Anche sul fronte delle fonti, l’Italia di aprile 2025 sembra parlare un linguaggio ambivalente. Le rinnovabili coprono il 48,2% della domanda elettrica, meno rispetto al 51,2% dell’anno scorso. Non per colpa del fotovoltaico, che anzi vola (+19,4%), né del geotermico, stabile (+0,5%). Ma per un crollo dell’idroelettrico (-28,5%) dovuto alla fine di una stagione record, e per la quarta flessione consecutiva dell’eolico (-6,8%) causata dalla scarsa ventosità . Quando il meteo cambia, la transizione energetica si scopre vulnerabile. E l’Italia, pur installando altri 500 MW di rinnovabili ad aprile, accumula ritardo: nei primi quattro mesi del 2025 la nuova capacità è calata del 12% rispetto al 2024.

Un dato, però, è tutto tranne che statico: l’accumulo. A fine aprile, l’Italia conta 14.317 MWh di capacità di accumulo, con una potenza nominale di 6.123 MW. È un balzo del 70% in un anno. Più di 788.000 sistemi di accumulo sono attivi sul territorio. È come se, nell’attesa del vero boom rinnovabile, il paese si stesse preparando a immagazzinarne l’energia. Come chi sa che arriverà un temporale, ma ha riempito le taniche d’acqua.

E i territori? Anche qui, l’Italia si divide: il nord consuma meno (fino al -4,2% nell’area Torino), il sud tiene o cresce leggermente. E’ il riflesso di due economie diverse: una che rallenta ma pesa ancora di più, una che cresce poco ma è più leggera. E le isole, favorite forse da una maggiore stabilità climatica e da meno festività pasquali, mostrano segni di vitalità. Ma resta la fragilità strutturale: al sud si produce meno, e si importa più energia.
La dipendenza dall’estero resta significativa: il saldo netto dell’energia importata è di 3,4 TWh, pari al 14,5% del totale. Ma anche qui, un piccolo segnale: l’export cresce (+16,8%), e l’import resta stabile. L’Italia non è più solo una spugna. Comincia a rispondere.

Cosa ci dice allora quest’Italia elettrica di aprile 2025? Che siamo in una fase sospesa. Non c’è né accelerazione né collasso. Ma c’è un paese che si adatta: meno gas russo, più sole. Meno acqua nei fiumi, più batterie nei garage. Meno grande industria pesante, più distretti e impianti medio-piccoli. C’è cautela, ma non immobilismo. E questo, in tempi di instabilità, è già molto. 

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