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Lo scenario

La crisi in Germania condiziona il negoziato sul Patto di stabilità

Federico Bosco

Il problemi del bilancio tedesco vanno oltre Berlino, poiché gli sforzi del governo Scholz per affrontare la rigidità del freno al debito in patria hanno influenzato in chiave restrittiva le discussioni in Europa sulla riforma del Patto

Il  governo tedesco ha raggiunto un accordo sulla legge di Bilancio per il 2024, ma più che una soluzione quella di mercoledì sembra solo la tregua di un dibattito che resta aperto. La crisi che ha messo in discussione la politica economica e fiscale della Germania è iniziata il 15 novembre, quando la Corte costituzionale ha giudicato illegittima la decisione di riallocare 60 miliardi di euro inutilizzati, inizialmente stanziati per far fronte alla crisi pandemica in un fondo speciale per il clima e la transizione verde. La sentenza ha creato un buco di 17 miliardi nel bilancio dell’anno prossimo, mettendo a rischio l’ambiziosa (e costosissima) agenda di Berlino. I tre partiti della coalizione – i socialdemocratici della Spd, i Verdi, e i liberali della Fdp – sono stati costretti a cercare un’accordo per colmare entro la fine dell’anno questa voragine. Una trattativa che ha obbligato i partiti di governo a discutere apertamente cosa tagliare o su cosa  alzare le tasse, facendo emergere le spaccature politiche che li dividono. 

La Germania ha una dottrina di bilancio molto severa. Nel 2009 ha messo in Costituzione lo “Schuldenbremse”, il “freno al debito”, una risposta alla crisi finanziaria per garantire che i conti della repubblica federale sarebbero  rimasti prossimi al pareggio dibilancio. La regola può essere derogata, ma solo in circostanze eccezionali.  Dal 2014 al 2019 la Germania è stata in grado di rispettare questa dottrina, fino alla pandemia e all’invasione russa dell’Ucraina, che hanno spinto il governo a sospendere il freno al debito dichiarando lo stato d’emergenza. 

L’obiettivo del ministro delle Finanze Christian Lindner, leader dei liberali della Fdp, è porre fine alla tendenza di scavalcare il freno al debito, e tornare a politiche di rigore per consolidare i conti pubblici. Lo spostamento dei 60 miliardi “avanzati” del fondo della pandemia aveva permesso a Berlino di chiudere il bilancio del 2023 senza dichiarare lo stato d’emergenza, ma la sentenza della Corte costituzionale ha costretto il governo a sospendere retroattivamente il freno a debito. Durante la trattativa Spd e Verdi erano favorevoli a un aumento delle tasse, ma i liberali della Fdp erano contrari, e proponevano tagli al welfare. Spd e Verdi però si sono opposti a qualsiasi taglio alle prestazioni sociali, chiedendo di sospendere il freno al debito anche nel 2024 per consentire un aumento della spesa in disavanzo. Una richiesta inaccettabile per Lindner. Dopo settimane di intensi negoziati, è stato raggiunto un accordo. L’anno prossimo il freno al debito tornerà in vigore e Berlino rispetterà comunque i suoi obiettivi, ma ci saranno “tagli e risparmi”. Il fondo per il clima e la transizione verrà tagliato di 12 miliardi di euro, gli incentivi per l’acquisto di auto elettriche termineranno prima del previsto (senza neanche dire quando), i sussidi per lo sviluppo dell’energia solare saranno ridotti, e tanto altro.

Solo su una cosa i tre partiti sono d’accordo: il sostegno all’Ucraina, per il quale hanno accettato tagli dolorosi alle loro priorità. Berlino fornirà assistenza a Kyiv per un valore di 8 miliardi di euro, e il Cancelliere Olaf Scholz ha sottolineato che se il conflitto dovesse peggiorare nel corso dell’anno, per esempio a causa della riduzione degli aiuti da parte di “altri sostenitori” (un riferimento indiretto agli Stati Uniti), la Germania reagirà dichiarando di nuovo lo stato d’emergenza, se necessario. I  tormenti del bilancio tedesco vanno oltre Berlino, poiché gli sforzi del governo Scholz per affrontare la rigidità del freno al debito in patria hanno influenzato in chiave restrittiva le discussioni in Europa sulla riforma del Patto di stabilità e crescita. Nei negoziati condotti dal ministro delle Finanze Lindner sulla proposta della Commissione Ue, la Germania è riuscita a far introdurre delle misure di salvaguardia sulla riduzione del debito e del deficit troppo stringenti per un paese come l’Italia, che ha un debito al 140 per cento che tende a salire e un deficit che non scenderà sotto il 3 per cento prima del 2026. È su questi punti che vanno avanti i negoziati tra i capi di governo: l’obiettivo difficile di Giorgia Meloni è ottenere da Olaf Scholz le concessioni che Giorgetti non ha strappato a Lindner.