Carne coltivata

Gli infondati pregiudizi  di Meloni sul “cibo in laboratorio”

Gilberto Corbellini

Scienza e tecnologia ci hanno dato alimenti più sicuri e abbondanti. L’esempio del genetista  “fascista” Strampelli, a cui è stato in questi giorni inaugurato un museo a Rieti

E’ difficile inquadrare la paranoia della famiglia Meloni, nello specifico presidente del Consiglio e Ministro dell’Agricoltura, per quello che chiamano “cibo sintetico”. Come se si potesse produrre cibo sicuro, di qualità e commercialmente competitivo senza la chimica. Forse si tratta di disinformazione o disallineamento rispetto alla realtà, per convinzioni di senso comune e non criticamente analizzate.

L’intervento a Cop28 induce a pensare che la premier, abbia  qualche intuizione del tutto irrealistica di come si produce il cibo nel mondo avanzato, ovvero come nel mondo è stata conquistata, progressivamente e su una superficie sempre più vasta, la sicurezza alimentare. Grazie a scienza e tecnologia, cioè i “laboratori”, miliardi di persone hanno smesso di morire di fame. La Rivoluzione Verde, fatta di miglioramento genetico, fertilizzanti, prodotti chimici antiparassitari e meccanizzazione, ha salvato da morte e malnutrizione  almeno un miliardo di persone. Ci si aspettava che la Rivoluzione Verde venisse proseguita ovunque da quella Biotecnologica. Ma proprio nella decadente Europa, dove nacque la scienza, i reazionari verdi, rossi, gialli e neri si sono schierati sul bagnasciuga. Così, mentre l’economia agricola del Vecchio continente resta imbrigliara dai lacci dell’ignoranza e del pregiudizio, in paesi dove vivono persone più ricche e libere (Usa, Canada, Australia, etc.) o dove l’innovazione agricola viene cavalcata (Brasile, Argentina, Cina, Sudafrica, India) si usano tranquillamente le biotecnologie per migliorare resa e qualità dei prodotti, nonché disinquinare l’ambiente. Oltre 200milioni di ettari sono coltivati a Ogm nel mondo da quasi 20 milioni di contadini. Le prospettive che stanno aprendo le nuove biotecnologie, cioè innovazioni molto efficienti come il genome editing, anche a fronte di insicurezze alimentari create da guerre e cambiamenti climatici, lascia  prevedere che i laboratori che sintetizzano chimicamente varietà più resistenti a fattori stressanti di varia natura aumenteranno. Tenere fuori i laboratori italiani da questo progresso sarà una responsabilità grave.

Verosimilmente la presidente Meloni ha un’intuizione fuorviante anche su quello che si aspettano o stanno già mangiando i poveri: cibo che viene dal laboratorio, laddove è possibile. Sono contenti: perché intanto è meglio che rischiare qualche mortale carestia e poi i laboratori possono salvare i loro cibi tradizionali, che altrimenti perderebbero. Meloni in realtà non parla ai poveri nel mondo, che non sanno nemmeno chi sia, ma agli italiani, e ci vuole dire anche cosa dobbiamo mangiare, cosa è buono e sano e giusto, e cosa no. E’ davvero una malattia dei politici il paternalismo, in questo caso maternalismo, che usa più spesso le bugie per il bene dei cittadini bambini.

Dalla metà dell’Ottocento diversi cibi furono sinteticamente fabbricati dai chimici, testati dai laboratori pubblici per rischiosità e selezionati dal mercato per qualità. Ci sono voluti anche diversi incidenti per migliorare i controlli. Poi arrivarono i microbiologi che scoprirono gli agenti patogeni e i modi di eliminarli o prevenirli, ad esempio la pastorizzazione, per cui le tossinfezioni alimentari che uccidevano tanti bambini in occidente quasi scomparvero. I deficit nutrizionali e le formule nutritive dei latti artificiali sono stati studiate in laboratorio, e hanno salvato bambini a milioni. E da dove è venuta fuori la sintesi dell’ammoniaca, cioè i fertilizzanti, se non da un laboratorio? E come è stato possibile che progressivamente le carestie se ne siano andate, se non perché, dopo la riscoperta delle leggi di Mendel nel 1900, nei loro laboratori i genetisti agrari potevano migliorare le varietà di piante da coltivare?

E’ stato in questi giorni inaugurato a Rieti un museo dedicato al genetista agrario e ibridatore Nazareno Strampelli alla presenza dei ministri dell’Agricoltura e dei Beni culturali, Lollobrigida e Sangiuliano, i cui interventi lasciano un po’ interdetti. Revisionismo storico a gogo. Pare non ci si renda conto che gli studi del fascistissimo Strampelli facciano a pugni con l’ideologia del sovranismo alimentare. E non perché noi oggi ne sappiamo di più. Ma perché Strampelli non ha svenduto  la scienza all’ideologia. Nessuno glielo chiese, peraltro. Immaginando più efficienza per la produzione agricola italiana si potrebbe davvero prendere esempio da un paio di scelte del duce, che non aveva pregiudizi antiscientifici e tecnofobici, tra cui appunto quella di affidarsi per la battaglia del grano a Nazareno Strampelli. Nell’arco di un paio di decenni Strampelli sviluppò varietà di frumento e altri vegetali che portarono quasi in pareggio la bilancia agricola nella seconda metà degli anni Trenta. Fu un modello per la Rivoluzione Verde.

 

La celebrazione di Strampelli è incompatibile con il continuare a diffondere bufale sulle sfide dell’agricoltura e la sicurezza alimentare. Pratica che comincia a diventare pericolosa e irresponsabile.