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le previsioni economiche

L'economia europea cresce meno del previsto

David Carretta

Le stime pubblicate oggi dalla Commissione sono leggermente al di sotto di quelle di settembre. Il quadro economico per l'Italia redatto da Bruxelles è più pessimista di quello del governo Meloni. La narrazione che il nostro paese cresce più di tutti gli altri non è più corroborata dalle previsioni

Bruxelles. L'economia europea "ha perso slancio" nel 2023 e, nonostante un rimbalzo modesto all'inizio del 2024, per l'Italia si annunciano tempi molto difficile sul fronte dei conti pubblici, secondo le previsioni economiche d'autunno pubblicate oggi dalla Commissione. L'esecutivo comunitario ha rivisto al ribasso le stime di crescita per l'Unione europea e la zona euro: 0,6 per cento quest'anno, lo 0,2 per cento in meno rispetto alle previsioni estive. Il prossimo anno, il pil dell'Ue dovrebbe migliorare dell'1,3 per cento, quello della zona euro del 1,2 per cento. Entrambe le stime sono leggermente al di sotto di quelle pubblicate a settembre. Ma l'incertezza e i rischi al ribasso "sono aumentati negli ultimi mesi" a causa la guerra della Russia contro l'Ucraina e il conflitto in medio oriente, dei prezzi dell'energia e degli sviluppi economici in Cina, avverte la Commissione. Anche la stretta di politica monetaria della Bce potrebbe pesare "più a lungo e in modo più ampio".

Per l'Italia il quadro economico previsto dalla Commissione è più pessimista di quello del governo Meloni. La stima di crescita di Bruxelles per quest'anno è dello 0,7 per cento contro lo 0,8 per cento della Nota di aggiustamento del documento di economia e finanze (Nadef). Lo scarto si allarga nelle stime sul pil del 2024 (0,9 per cento di crescita secondo la Commissione, 1,2 per cento secondo il governo) e del 2025 (1,2 per cento secondo la Commissione, 1,4 secondo il governo). La narrazione sull'Italia che cresce più di tutti gli altri non è più corroborata dalle previsioni. Se quest'anno la Germania sarà in recessione (-0,3 per cento), le altre grandi economie della zona euro hanno un aumento stimato del pil più alto dell'Italia: più 1,0 per cento per la Francia e più 2,4 per cento per la Spagna. Secondo le previsioni della Commissione, il Pil dell'Italia rimarrà nei prossimi due anni al di sotto della media della zona euro (1,2 per cento nel 2024 e 1,6 per cento nel 2025).

E' soprattutto sul fronte dei conti pubblici che le stime di Bruxelles rischiano di mettere in difficoltà il governo Meloni. Il deficit dovrebbe scendere al 5,3 per cento quest'anno. Ma le previsioni della Commissione sul disavanzo sono superiori a quelle della Nadef: 4,4 per cento nel 2024 (contro 4,3 stimato dal governo) e 4,3 per cento nel 2025 (contro 3,6 per cento stimato dal governo). Lo scarto per il 2025 è dovuto in particolare a un diverso calcolo sul taglio del cuneo fiscale, che la Commissione ritiene verrà nuovamente confermato. Secondo le stime di Bruxelles, il debito pubblico dell'Italia, in calo tra il 2020 e il 2023, tornerà a salire. Per la Commissione passerà dal 139,8 per cento quest'anno al 140,6 per cento nel 2024 e al 140,9 nel 2025. La Nadef indica un obiettivo programmatico per il debito al 140,2 per cento del pil quest'anno e un calo al 140,1 nel 2024 e al 139,9 nel 2025. Sarà difficile per il ministro delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, convincere la Germania e gli altri paesi frugali ad allentare ulteriormente le regole nell'ambito del Patto di stabilità e crescita. Con vecchie o nuove norme, sulla base delle previsioni attuali dell'aggiustamento strutturale del deficit (che cresce dello 0,1 per cento tra il 2024 e il 2025), il prossimo anno servirà una manovra di bilancio di almeno 0,8 punti percentuali.

Secondo il documento pubblicato dalla Commissione, la ripresa economica in Italia si è fermata nel secondo trimestre del 2023. Tra aprile e giugno il pil ireale si è contratto dello 0,4 per cento, prima di una stagnazione tra luglio e settembre. La crescita dovrebbe riprendere nel quarto trimestre dell'anno e proseguire a un ritmo moderato il prossimo. Il mercato del lavoro continua a migliorare, ma il tasso di disoccupazione in calo è dovuto anche al declino della popolazione in età lavorativa. Sull'evoluzione dei conti pubblici pesano il taglio del cuneo fiscale, l'indicizzazione delle pensioni all'inflazione e quota 103, nonché l'aumento del costo del servizio del debito che sale al 4,2 per cento del Pil a causa dei tassi di interesse più alti. Nei prossimi due anni, gli investimenti rimarranno in territorio positivo, ma principalmente grazie ai fondi del Pnrr.