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Il trucco del governo sui balneari: gare solo per le spiagge libere     

Francesco Bercic

Palazzo Chigi ha concluso la mappatura delle spiagge rilevando che non c'è scarsità di risorsa: solo il 33 per cento è in concessione. La proposta indirizzata a Bruxelles è quella di non applicare la Bolkenstein sulle concessioni esistenti

Si è conclusa ieri la mappatura delle spiagge italiane avviata dal governo nel giugno scorso, con un risultato che ha fatto esultare i gestori dei demani: il 67 per cento per cento delle coste risulta allo stato attuale libero, a fronte del 33 per cento dato in concessione o comunque oggetto di domanda. Poco importa se le spiagge libere siano disponili solo teoricamente, come nota il Sole 24 Ore, perché magari irraggiungibili via terra o fuori dalle aree concedibili secondo normative locali. La strategia del governo, d’altronde, era apparsa chiara fin da subito: dimostrare l’abbondanza di litorale ancora disponibile, e quindi potenzialmente assegnabile in concessione, per non dover liberalizzare le concessioni esistenti, come invece chiesto ripetutamente dall’Europa. La soluzione è una sorta di escamotage, nemmeno troppo velato, con cui si limiterebbe l’applicazione della direttiva Bolkestein – che impegna l’Italia a mettere a gara le licenze – ai soli tratti di costa liberi, così da non scontentare le richieste dei balneari, le cui concessioni sono state prorogate di un altro anno dal governo, fino al 31 dicembre 2024.

“Nella riunione odierna - ha commentato Antonio Capacchione, presidente del sindacato italiano balneari aderente alla Confcommercio - abbiamo condiviso la relazione conclusiva che conferma quanto da noi sempre affermato sulla non scarsità della risorsa e, quindi, sulla disponibilità del demanio marittimo per nuove attività economiche”. Tuttavia, anche dopo la relazione consegnata ieri dal capo dipartimento della presidenza del consiglio e coordinatrice generale del tavolo sulla riforma delle concessioni balneari, Elisa Grande, la strada è tutt’altro che in discesa. Bisognerà infatti vedere se la Commissione europea – che ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia nel 2020 proprio per la mancata applicazione della direttiva Bolkestein – riterrà valida la proposta dell’esecutivo italiano. 

Il governo fa leva su un passaggio di una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue di marzo, in cui si rileva che la direttiva Bolkestein sia da applicare “qualora il numero di autorizzazioni disponibili sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali”. Con questo punto Palazzo Chigi spera di convincere Bruxelles, sorvolando però su un'altra disposizione dei giudici, e cioè che non possono essere previste procedure “di rinnovo automatico”: le procedure dovrebbero avvenire attraverso una “selezione imparziale e trasparente” tra i candidati. Proprio per questi motivi, l’esito della trattativa che si apre ora con i tecnici di Bruxelles non è affatto scontato. Quel che invece è certo è che nella trovata del governo che lascia intatte le attuali concessioni balneari non c'è alcuna apertura alla concorrenza.

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