Facili i condoni, ma per sanare gli abusi edilizi bisogna rifare le regole

Chicco Testa

Si calcola che casi di abusivismo di diversa natura riguardino almeno un’abitazione su sei, stima probabilmente al ribasso. Mettere ordine in questa situazione richiederebbe un gran lavoro e una visione lungimirante: riscrivere regolamenti urbanistici ed edilizi

Abusivismo e condoni edilizi sono un classico della battaglia elettorale italiana. Tornano periodicamente accompagnati dal giuramento che “questo sarà l’ultimo”.  E così la questione che ha una dimensione problematica enorme diventa ostaggio di due atteggiamenti altrettanto improduttivi. Da una parte l’uso strumentale a fini elettorali, giustificato da qualche incasso una tantum. Dall’altra la negazione ipocrita di un problema che esiste e ha dimensioni enormi.

 

Si calcola che casi di abusivismo di diversa natura riguardino almeno un’abitazione su sei. Stima probabilmente al ribasso se considerassimo tutti i casi di violazione urbanistica, da quelli più evidenti, relativi a edifici costruiti senza permesso, a quelli minori di interventi ex post sulla struttura autorizzata o di modesti cambi di destinazione d’uso. E’ evidente che i casi in cui si può intervenire esclusivamente con strumenti repressivi, leggi le demolizioni, rappresentano una minoranza: i famosi ecomostri, per esempio,  e altri casi simili, soprattutto quando le violazioni avvengono in aree che presentano rischi idrogeologici gravi. Si veda il caso di Ischia di qualche anno fa. Ma vi sono aree del paese, la Campania per esempio, ma idem per molte medie e grandi città del Mezzogiorno, dove ristabilire la legalità demolendo ogni abuso è letteralmente impossibile per ragioni prima di tutto sociali. E infatti nessuno lo chiede. Meglio far finta di niente e lasciare tutto nel limbo dell’ipocrisia. 

 

Vale la pena piuttosto domandarsi come mai l’abusivismo sia così esteso nel nostro paese e ancora una volta limiterei al minimo il ruolo giocato da atteggiamenti criminali o biecamente speculativi. A meno di non considerare milioni di italiani criminali e speculatori. Dovremmo anche considerare superate le condizioni di “necessità” che nel dopoguerra e fino a quasi tutto il secolo scorso hanno spinto molti  italiani a tirar su una casa ad ogni costo e spesso in autocostruzione. Siamo in tutt’altra fase.     

 

L’abusivismo prolifera principalmente per due ragioni. L’assenza di strumenti urbanistici definiti in molte città, ivi compresi eventuali piani di recupero che prendano atto della realtà e la integrino facendola emergere e sottoponendola al controllo di regole certe. Con recupero peraltro di gettito fiscale certo e duraturo nel tempo, dall’ Imu alla Tarsi.  Permangono così ampie aree grigie, che sfuggono ad ogni controllo di legalità. E la semplificazione dei regolamenti edilizi, che oggi pretendono di normare ogni singolo aspetto di un’abitazione, quando basterebbe, come avviene in molte città europee, accertarsi del rispetto delle volumetrie e di qualche semplice prescrizione estetica nelle zone di maggiore interesse culturale.

 

Ricordo un servizio televisivo di qualche anno fa sulle differenze fra Vienna e una città peraltro piuttosto ordinata come Bologna. Il fascicolo di un’abitazione a Vienna era di poche pagine. A Bologna capannoni sterminati raccolgono archivi di faldoni di pratiche edilizie di centinaia di pagine. Spesso è la legge che produce reati, se le regole sono inutilmente repressive. Reati che naturalmente o rimangono impuntiti o intasano inutilmente i tribunali, fino di solito alla prescrizione. 

 

Ma mettere ordine in questa situazione richiederebbe un gran lavoro e una visione lungimirante. Rifare regolamenti urbanistici ed edilizi. Meglio il bottino di qualche voto elettorale in più. Fino alla prossima volta.

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