Authority contro O'Leary

Enac e Antitrust danno ragione al governo sui voli screditandosi a vicenda

Luciano Capone e Carlo Stagnaro

Entrambi sono a favore del decreto sul tetto ai prezzi e contro Ryanair. Ma Di Palma, dell'ente nazionale aviazione civile, dice che c’è un oligopolio delegittimando così Rustichelli, Garante della concorrenza, che invece dice che non c’è 

Sulle nuove regole sui prezzi dei voli si sta creando un imprevisto ingorgo istituzionale, in cui le autorità indipendenti fanno a gara a dar ragione al governo ma con argomenti contraddittori e, inconsapevolmente, screditandosi a vicenda. Martedì lo scontro è andato in scena di fronte alle Commissioni Ambiente e Industria del Senato con le audizioni di Enac e Antitrust sul “decreto asset” nato su impulso impulso del ministro delle Imprese Adolfo Urso.

 

Pierluigi Di Palma, presidente dell’Ente nazionale aviazione civile, ha risposto a muso duro alla “surreale” – così l’ha definita – intervista del capo di Ryanair, Michael O’Leary, che aveva duramente attaccato il decreto definendolo “stupido” e “illegale”. Secondo Di Palma, “la dinamica dei prezzi non consente al consumatore di averne conoscenza anticipata perché se l’aereo si riempie alzano i prezzi altrimenti li abbassano”. L’attacco riguarda solo in parte la scarsa trasparenza delle tariffe, che era già stata criticata dall’Enac a luglio. Piuttosto, investe lo stesso funzionamento del mercato: “Si stanno creando oligopoli. Non è più un libero mercato ma c’è un’imposizione del prezzo da parte di chi ha oligopolio”, ha detto il presidente dell’Enac.

 

Per giunta, lo stesso Di Palma, nel corso della medesima audizione, dopo pochi minuti arriva a smentire se stesso dicendo che l’aumento dei prezzi di quest’anno che ha spinto il governo a intervenire con il decreto imponendo un tetto ai prezzi dei biglietti è dovuto all’aumento della domanda: “Quest’anno il load factor è aumentato dal 90 al 95 per cento. La dinamica dei prezzi esplosivi è determinata dal fatto che oggi la capacità di riempimento è praticamente totale”. La descrizione di una dinamica di mercato normale, quindi, e non di un abuso di mercato oligopolistico. A parte qualche incoerenza, le tesi dell’Enac riecheggiano e rafforzano un altro tema sollevato durante l’estate, quando Di Palma aveva sostenuto che quello delle compagnie low cost “è un modello che non ha più ragione di esistere”. Tra l’altro “il tema del low cost non si è mai riferito al prezzo dei biglietti ma all’organizzazione aziendale delle compagnie che a un certo punto hanno adottato un modello imprenditoriale che permetteva loro di risparmiare un sacco di soldi. La politica dei prezzi bassi è stata una trovata pubblicitaria per far affermare un modello di business oggi consolidato”.

 

Queste parole lasciano sbalorditi sia per ragioni fattuali sia per un tema istituzionale. Dal punto di vista dei fatti, la dinamica dei biglietti aerei è evidente a tutti: è proprio (e solo) grazie alla liberalizzazione europea se alcune compagnie, come Ryanair, si sono sforzate di tagliare i costi in modo da attrarre clientela attraverso prezzi più abbordabili. Ed è proprio grazie a questa politica se i viaggiatori hanno abbandonato le compagnie tradizionali per rivolgersi sempre più a quelle a basso costo. Sarebbe altrimenti impossibile spiegare perché Ryanair è diventata il principale vettore nazionale mentre Alitalia è sprofondata nei conti in rosso.

 

Ma c’è un altro aspetto: le parole dell’Enac sugli abusi oligopolistici nel settore aereo sono in diretta contraddizione con quanto sostiene il soggetto che ha per missione statutaria proprio la tutela della concorrenza. In un’intervista di pochi giorni fa col Sole 24 Ore, il Garante della Concorrenza e del Mercato Roberto Rustichelli aveva detto esplicitamente che “proprio i voli, se guardiamo i prezzi attuali rispetto a quelli di 30 anni fa, sono un settore emblematico per dimostrare i vantaggi a lungo termine della concorrenza”. Non che l’Antitrust non abbia mai avuto da ridire sul funzionamento di quel mercato: sono diversi i casi sollevati su temi quali la trasparenza dei biglietti o persino le possibili condotte collusive delle compagnie (meno di un anno fa Piazza Verdi ha aperto un procedimento sui voli per la Sicilia, sulla base di una segnalazione del governatore Renato Schifani). Ma, se vi sono storture, spetta a Rustichelli denunciarle e risolverle, non a Di Palma, il quale dovrebbe invece occuparsi (come spiega sul suo sito) di “regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo nel settore dell’aviazione civile in Italia nel rispetto dei poteri derivanti dal Codice della Navigazione”.

 

Il paradosso, oltre al fatto che l’Enac in sostanza dice che l’Antitrust non svolge bene il suo lavoro, sta nel fatto che attualmente il governo sta portando avanti la vendita di Ita (la ex Alitalia) alla tedesca Lufthansa – operazione peraltro ancora sotto lo scrutinio dell’Antitrust europeo – che quindi secondo l’analisi dell’Enac rappresenterebbe un’ulteriore concentrazione in un mercato già oligopolistico. Il paradosso nel paradosso è che sia Di Palma sia Rustichelli, sia pure con alcune osservazioni, si sono detti fondamentalmente d’accordo con l’intento del decreto e col tetto del 200 per cento del rapporto tra i prezzi di picco e quelli medi sulle tratte da e per le isole. Senza rendersi conto, l’uno e l’altro, che la principale determinante dei prezzi è il rapporto tra domanda e offerta, e che ancorando i prezzi massimi a quelli medi si rischia di incentivare le compagnie a cancellare i voli meno utilizzati, in modo da conseguire un maggiore riempimento medio degli altri, alzare il prezzo medio e in tal modo difendere la marginalità di quelli più richiesti.

 

Che è esattamente ciò che aveva annunciato e ha poi fatto Ryanair – e che potrebbero fare altri – oltre che l’argomento al centro dell’intervista di O’Leary. I toni del manager irlandese possono non piacere ma ancora meno dovrebbero piacere le sgrammaticatura e la miopia dell’Enac e dell’Antitrust. Se c’è qualcosa di surreale – o, meglio, sconvolgente – è la loro incapacità di comprendere l’abc dell’economia.