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Il decreto

Dal 2026 si potrà conoscere la busta paga del collega. La direttiva Ue contro il gender gap

Redazione

Le donne in Europa sono pagate in media il 13 per cento in meno degli uomini. Ora l'Europarlamento abolisce il segreto salariale: in caso di retribuzioni discriminatorie i datori di lavoro saranno chiamati a risarcire i dipendenti mal pagati. Gli stati membri hanno tre anni per adeguarsi

Per contrastare il fenomeno della discriminazione retributiva tra uomini e donne il Parlamento europeo ha varato una legge, che entra in vigore dal 24 agosto e impegna i diversi paesi dell’Unione a trasformarla in legge entro tre anni, in cui viene abolito il segreto salariale sia nel settore pubblico sia in quello privato.

   

Il Global Gender Gap Report 2023, pubblicato a luglio, dal World Economic Forum sostiene che le donne in Europa siano pagate in media il 13 per cento in meno degli uomini e che a questo ritmo per colmare questo divario, o gender gap, sarà necessario attendere 169 anni. 

 

Le novità

La direttiva Ue 2023/970 obbliga le imprese a mettere i dipendenti nelle condizioni di poter verificare che, alla stessa mansione, non venga attribuito un valore diverso a seconda di chi lo svolge. La norma chiede poi alle aziende di rendere trasparenti i criteri in base ai quali si stabilisce una data retribuzione, in modo tale da accertarsi che questi siano neutrali rispetto al genere e che, a parità di mansioni, non vi siano differenze salariali tra generi. E nel caso in cui ci sia un divario retributivo di genere superiore al 5 per cento, obbliga l'azienda a intervenire e prevede sanzioni dissuasive per i datori di lavoro che non lo fanno. 

 

Il risarcimento dovrà comprendere il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura, il risarcimento per le opportunità perse, il danno immateriale, i danni causati da altri fattori pertinenti che possono includere la discriminazione intersezionale, nonché gli interessi di mora. A differenza di adesso, infine, l’onere della prova passa al datore di lavoro: in tribunale spetterà a quest'ultimo dimostrare di non aver violato le norme in materia di gender pay gap. 

  

Dalla norma sono esclusi eventuli divari su premi di produzione o di risultato e quelli derivanti dal divario di tempo dedicato al lavoro.

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