ecoansia

Non piangere, ma innovare: superare la crisi climatica investendo nelle nuove tecnologie

Chicco Testa

L’idea di risolvere la questione delle emissioni in fretta e ovunque è fallimentare. Occorre invece migliorare e sfruttare tutti i nuovi strumenti, dal fossile al nucleare alle AI, per ottimizzare i consumi. Scienza e ottimismo

Ricapitoliamo. Le politiche messe in campo fino ad ora per ridurre la CO2 mondiale hanno fallito. Le emissioni climalteranti sono continuate a crescere anno su anno. Le riduzioni operate in alcune parti del mondo (Ue, Usa) sono ampiamente compensate dagli aumenti in altre parti del mondo (Cina, India). Il divario nei consumi energetici fra Sud e Nord del mondo rimane altissimo, da 1 a 10 fino a 1 a 20 in Africa, con unica eccezione della Cina che infatti ha aumentato di tre volte e mezzo i suoi consumi energetici in 20 anni con relative  emissioni. E’ ragionevole attendersi che qualche cosa di simile accadrà, seppur con minore velocità, anche in altre aree del Sud del mondo. Con ulteriore aumento delle emissioni, nonostante gli sforzi dell’area Ocse e segnatamente della Ue con il suo green deal. Che fare quindi?

Credo che senza salti  che mettano a disposizione dell’umanità, come accaduto più volte, nuove tecnologie, questa volta con basse emissioni  in vari settori la battaglia sia quasi impossibile. Concetto espresso più volte anche dall’Agenzia Internazionale dell’Energia nei suoi scenari di lungo periodo. Quali possono essere queste nuove tecnologie? Paradossalmente la prima riguarda proprio l’uso dei combustibili fossili. Ancora oggi essi pesano per l’81 per cento dei consumi primari di energia - erano l’81 per cento anche nel 2000 ma nel frattempo la domanda mondiale di energia è cresciuta del 50  per cento - e quindi le emissioni continuano ad aumentare. Produzione di energia elettrica, trasporti, riscaldamento, industria. Anche questo anno in corso i consumi di carbone sono in aumento ben oltre gli 8 miliardi di tonnellate. Idem per il petrolio che supera abbondantemente i 100 milioni di barile/giorno. Pensare di ridurne il consumo con il solo potenziamento delle fonti rinnovabili è impresa assai ardua soprattutto nei paesi in via di sviluppo che hanno bisogno di grandi quantità di energia affidabile, continua e a basso costo.  Aumentare il livello di elettrificazione dei consumi finali (auto elettriche, riscaldamento…) e farlo solo con le rinnovabili è già proibitivo in Europa, ma è francamente  impossibile nel resto del mondo.

Ma si può ridurre l’impatto carbonico degli impianti alimentati con fossili  in due modi. Aumentando il rendimenti degli stessi con risparmio di combustibile e utilizzando sistemi di carbon sequestration a basso costo. Soprattutto in questa seconda modalità ci sarebbe bisogno di un salto tecnologico che riduca drasticamente i costi. Il nuovo presidente dell’IPCC, il fisico scozzese Jim Skea, tipo interessante da tenere d’occhio,  considera questa tecnologia come insostituibile e le stesse raccomandazioni vengono dall’AIE. 

La seconda area di interesse riguarda i sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica così da compensare l’intermittenza delle fonti rinnovabili, sia nella differenza giorno/notte sia in quella estate/inverno. Batterie in primo luogo. Hanno fatto progressi importanti, ma sono lontane dal poter garantire un back-up in caso di indisponibilità delle rinnovabili per più giorni o per compensare le enormi differenze di produzione fra estate e inverno. Stesso discorso per la produzione  di idrogeno, altro sistema per stoccare  energia, che ha ancora costi troppo alti soprattutto per gli investimenti richiesti.

Altro campo riguarda  l’energia nucleare in tutte le sue differenti tecnologie già disponibili e in via di sviluppo con diversi livelli di maturità. Per le prime andrebbe accelerato il deployment nei paesi Ocse e in quelli in via di sviluppo. Per le seconde va spinto lo sviluppo industriale, aumentando ulteriormente la sicurezza degli impianti e la loro produzione seriale e migliorando lo sfruttamento del combustibile nucleare. E ridurre  i tempi per  le nuove tecnologie: small reactor, 4 generazione e naturalmente la  fusione. 

Sempre nel campo dell’energia è sempre attuale  il tema della superconduttività. Vale a dire la possibilità di trasportare energia elettrica in modo molto più efficiente riducendo praticamente a zero le perdite che stanno a seconda dei diversi paesi  fra il 10 e il 15 per cento. 

Poi c’è l’immenso settore dei trasporti. Le batterie hanno fatto notevoli passi in avanti, ma l’autonomia e i tempi di ricarica, oltre che l’ancora scarsa diffusione dei punti di ricarica non  fanno ancora del veicolo elettrico un’alternativa completamente valida al motore a combustione. Inoltre occorrerebbe sposare il principio della neutralità tecnologica, sviluppando sia i combustibili sintetici che i biocombustibili.  Ma la rivoluzione vera, sempre  nel caso dei trasporti, potrebbe venire da forti investimenti nello sharing sia per le automobili che per la cosiddetta micromobilità, attori già maturi grazie alle piattaforme di condivisione, ma che avrebbero bisogno di incentivi per gli investimenti. La combinazione di diverse tecnologie chiamata ACES, vale a dire guida autonoma, connettività, elettrificazione e mobilità condivisa ha potenziali di sviluppo enormi, con risparmi di spazio, di consumo, di tempo  e di investimenti. 

Fuori, ma non troppo, dal mondo dell’energia segnalo i progressi fatti dalle proteine coltivate, valida alternativa agli allevamenti intensivi, che sono un’importante fonte di emissioni e di consumo di acqua. I costi sono diminuiti di più del 90 per cento e McKinsey stima che già alla fine di questo decennio potrebbero coprire un fabbisogno dello 0,5, con un giro d’affari attorno ai 25 miliardi di dollari. Stesso discorso per la richiesta di biomateriali di origine vegetale, destinati nella chimica dei materiali a sostituire buona parte del petrolio che ne sta oggi alla base. 

Poi ci sono le applicazioni legate all’intelligenza artificiale. Enormi risorse vengono sprecate per mancanza di informazione o per processi con carenze organizzative varie. Gli autori di “L’era dell’intelligenza artificiale” (Kissinger, Schmidt, Huttenlocher) citano per esempio la riduzione del 40 per cento dei consumi energetici dei centri di elaborazione dati ottenuta da Google grazie all’Intelligenza artificiale di Deep Mind. O per fare un altro esempio si stima che i navigatori  per automobili facciano risparmiare grazie alla distribuzione in tempo reale delle informazioni necessarie miliardi di ore di guida e di conseguenza decine di miliardi di litri di carburante. L’intelligenza artificiale aiuta a produrre ordine ed evitare sprechi. I cambiamenti insomma possono, o potrebbero, arrivare da molti lati. Il che sottolinea anche la povertà di un dibattito nostrano tutto incentrato solo sulle rinnovabili, i cui benefici, ma anche i limiti sono evidenti.

Fortunatamente nel mondo dei Venture Capital e dei Fondi orientati all’innovazione tecnologica, oltre che nei colossi digitali e non che già operano in questi settori e nelle Università  somme ingentissime continuano ad essere investite sia per il miglioramento di progetti già in corso , sia alla ricerca delle “killer application”, che cambino completamente le regole del gioco. L’Europa con il Next Generation ha cominciato a destinare risorse importanti a questi settori ma solo dopo avere sprecato miliardi di euro in incentivi  per settori già maturi. Vedasi in Italia il caso degli incentivi alle rinnovabili, il 110 e i vari ecobonus. Inoltre la distribuzione delle risorse fra i tanti  Stati nazionali impedisce di raggiungere quelle masse critiche che possono fare la differenza. Cina e Usa appaiono ben altrimenti attrezzati.  Ma la buona notizia è che quando un’innovazione è tale da consentire reali salti  di efficienza essa dilaga automaticamente con benefici per tutti. I grandi cambiamenti nella storia dell’umanità sono conseguenti soprattutto alle grandi innovazioni tecnologiche. Dalla macchina a vapore a internet.  Lo sviluppo delle forze produttive, diceva il vecchio Marx, guida. Il resto segue. Cercare di fare viceversa è solo uno spreco.