Una donna raccoglie la frutta buttata dopo il mercato di Papignano (MI) - foto LaPresse 

Sorpresa: la povertà diminuisce. Il segreto? La crescita, of course

Carlo Stagnaro

La crescita economica è il vero antidoto alle diseguaglianze. Meno incoraggiante è il dato relativo ai redditi. Il report dell’Istat

La crescita economica è il più efficace antidoto alla povertà e alla diseguaglianza, ma ancora troppe famiglie dipendono dal sostegno pubblico. È questo il messaggio, più in chiaroscuro di quanto appaia, che emerge dal report dell’Istat sulle condizioni di vita e di reddito delle famiglie nel 2021-22. Il report indaga l’andamento del rischio di povertà ed esclusione sociale (2022) e dei redditi (2021), inclusivi dei vari sostegni erogati nel contesto della pandemia. Un primo risultato è che, sebbene la percentuale della popolazione a rischio di povertà sia stabile nel tempo (circa un quinto della popolazione), la quota di quanti si trovano in grave deprivazione sociale è in netta flessione. È scesa dal 5,9 per cento nel 2021 al 4,5 per cento nel 2022. Gli indicatori migliorano in tutte le aree del paese tranne il Mezzogiorno, ma il problema riguarda essenzialmente tre regioni (Puglia, Sardegna e Calabria) visto che altre (Campania e Sicilia) seguono il trend nazionale. Al nord, l’eccezione è rappresentata dalla Liguria, che nel 2022 vede aumentare il rischio di povertà e la fetta della popolazione caratterizzata da bassa intensità di lavoro (cioè coloro che lavorano per meno del 20 per cento del tempo). Lo stesso problema riguarda il Lazio e le Marche. L’Istat imputa i miglioramenti “alla ripresa dell’economia dopo la crisi pandemica e l’incremento dell’occupazione e dei redditi familiari”.

   
Non è certo una sorpresa: la crescita economica tende a favorire l’intera società, creando opportunità più ampie per individui che, in un contesto meno positivo, rimarrebbero ai margini del mercato del lavoro. Rimangono ampie le divaricazioni sociali, non solo tra ricchi e poveri, ma anche fra territori. In un contesto di  ripresa, insomma, vi sono isole di disagio economico che meritano di essere comprese e affrontate. Questo problema dovrebbe essere al centro della riflessione del governo, visto il rallentamento in atto che comincia a essere evidente dalla flessione della produzione industriale. 

  
Meno incoraggiante è il dato relativo ai redditi.
Pur mostrando un netto miglioramento rispetto al 2020 – anno segnato dal Covid e da restrizioni tra le più dure e prolungate d’Europa – l’analisi dell’Istat evidenzia quanto siano stati importanti gli aiuti pubblici. Nel 2021, il reddito reale delle famiglie è cresciuto dell’1 per cento, con grandi differenze fra territori e, in particolare, un Mezzogiorno dove i redditi hanno continuato a calare. Inoltre, siamo ancora ben  al di sotto dei livelli del 2007, segno di una stagnazione  preoccupante che continua nel tempo. Le varie integrazioni salariali hanno raggiunto un numero  alto di famiglie: ben il 15 per cento ha fruito di almeno una tra le misure emergenziali (integrazioni salariali con causale Covid, bonus 600/1.000/2.400 euro, contributi a fondo perduto  dell’Agenzia delle entrate, congedo parentale straordinario al 50 per cento, reddito di emergenza). Queste hanno rappresentato l’1 per cento del reddito complessivo (in calo rispetto al 2,2 per cento del 2020). Se si aggiunge il Reddito di cittadinanza, si arriva a una quota del 2 per cento.

   
Ora, questo dato può essere letto da diverse prospettive. In primo luogo, si aggiunge all’evidenza già disponibile che punta su una rilettura critica dei lockdown. Anche escludendo i primi mesi del 2020, le restrizioni – che si sono prolungate fino alla primavera inoltrata del 2021 – hanno paralizzato l’economia, rendendo pressoché necessario l’arsenale di sovvenzioni che è stato messo in campo. In tal modo hanno alimentato una vasta dipendenza dal welfare che, in un paese già fragile, costituisce un aspetto di ulteriore debolezza, perché rischia di lasciare i beneficiari intrappolati in questa condizione. Secondariamente, la generosa distribuzione di sussidi non è certamente slegata dall’ondata inflativa con cui ci stiamo confrontando, che ha una forte componente di domanda dovuta  agli eccessi monetari e fiscali. Resta quindi da vedere in che modo i redditi delle famiglie sono evoluti nel corso del 2022, anno nel quale gli aiuti – nel frattempo passati dal fronte pandemico a quello energetico – hanno parzialmente perso la focalizzazione sui bassi redditi e hanno acquisito una estensione più generalizzata.
 

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