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Editoriali

Cortocircuito sovranista su Mes e Pnrr

Redazione

Meloni chiede flessibilità sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma non ratificando il Fondo salva stati fa ostruzionismo nei confronti degli altri 19 stati aderenti. Così non va

Insomma perfino in Croazia, l’ultima arrivata nel gruppo dell’euro, l’ostinazione italiana a non ratificare il Mes diventa un caso inspiegabile. Una spiegazione, in verità, i giornali di Zagabria l’hanno chiesta a Pierre Gramegna. E il presidente del Fondo salva stati ha ripetuto quel che ormai deve essergli venuto a noia, e cioè che “un solo paese non ha ratificato il trattato, l’Italia, dove l’ultima decisione dipende dal Parlamento”. E certo, “bisogna rispettare questo processo”, ha proseguito Gramegna, “ma al tempo stesso le recenti turbolenze finanziarie negli Usa e in Svizzera dimostrano quanto sia importante avere un backstop in funzione in Europa”. Averlo, però, dipende appunto dalla ratifica completa del Mes: e dunque dall’Italia. Ora, le motivazioni addotte nel tempo da Giorgia Meloni per giustificare l’ostruzionismo italiano nei confronti dell’Ue sul Mes sono varie e tutte variamente infondate, ma al dunque colpisce soprattutto lo strabismo del governo sovranista nei confronti di Bruxelles. Perché questa volontà di esercitare ormai da sette mesi un ostruzionismo nei confronti degli altri 19 stati aderenti al Mes viene ribadita nelle stesse settimane in cui, per bocca di Raffaele Fitto, Palazzo Chigi lamenta l’eccesso di zelo e di scrupolo da parte della Commissione nella valutazione del Pnrr italiano. Si chiede dunque flessibilità sul Recovery, e in cambio si offre cocciutaggine sul Mes. Si rivendica il ruolo di maggior beneficiario dei fondi del Ngeu, e si pretende di bloccare, da soli, un intero continente. Il 30 giugno prossimo alla Camera si discuterà la mozione voluta da Pd e Terzo polo sulla ratifica del Mes. Sarà, per bizzarra coincidenza, anche il giorno in cui scadrà il semestre del Pnrr coi suoi 27 obiettivi che valgono 16 miliardi. Sarebbe auspicabile che il governo cogliesse l’occasione per dire finalmente Sì al Mes, seguendo le parole di buon senso pronunciate in queste ore dal ministro Antonio Tajani, e non si rifugi nelle scappatoie parlamentari per tirarla in lungo e rinviare il voto, magari chiedendo un nuovo ciclo di audizioni.

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