La sede Enel a Milano (Lapresse)

Nomine e interessi

Perché occorre brindare alla terza lista di Covalis per il cda Enel

Oscar Giannino

Non siamo in presenza di un’iniziativa di riders mordi-e-fuggi, ma davanti a una manifestazione di confortante attivismo dei fondi esteri. Avercene, di amministratori così

Alla notizia che, in vista dell’assemblea dell’Enel del 10 maggio, era stata presentata una terza lista dopo quella delle nomine per il cda proposte dal governo e quella di Assogestioni, è scattato un singolare riflesso condizionato mediatico-politico. Una reazione molto “italiana”, che dice molto di come nel nostro paese si continui a ignorare e temere i fondamenti della corporate governance di una società quotata. La lista presentata dal fondo Covalis – titolare dell’1,7 per cento di Enel – ha visto il Mef reagire con insofferenza, e l’insofferenza è rimbalzata sui media come si trattasse quasi di un atto di lesa maestà. Eppure Assogestioni è diventata sempre più negli anni l’ombrello di fondi che investono nelle grandi quotate ottenendo consensi a doppia cifra percentuale nel capitale che partecipa alla assemblee.

 

Ma è altresì vero che Assogestioni è considerata da molti fondi esteri un po’ come una sorta di “opposizione di Sua Maestà”: certo scrupolosa nel voler dare rappresentanza a investitori indipendenti per bilanciare gli amministratori di chi delle società ha il controllo, ma anche molto attenta nelle società pubbliche a non sollevare questioni frontali di fronte a scelte su cui i governi tendono a metter troppo bocca. Anche perché, diciamolo fuori dai denti: da quando Giuliano Amato 30 anni fa riuscì nel fondamentale colpo di mano contro i partiti di trasformare in Spa e quotare i grandi gruppi pubblici obbligandoli alla disciplina del mercato, nei decenni la politica ha smesso di attenersi alla linea di allora secondo cui le società dovevano essere affidate alle scelte di manager giudicati per i loro risultati. La politica è tornata a pensare che siano i governi, a dover dare indicazioni gestionali alle grandi partecipate. E diciamo anche un’altra verità: il modo in cui i governi trattano e decidono le liste di candidati alla guida delle partecipate pubbliche avvalora questa potente impressione: per mesi l’unica cosa di cui si parla è a quale politico siano più o meno vicini i manager in lizza. Come è puntualmente accaduto anche nel governo Meloni. 

 

Alla luce di tutto questo, i sei nomi della lista Covalis per l’Enel non sono dunque lesa maestà. Sono una manifestazione di confortante attivismo dei fondi esteri che, presenti in largo numero e nella maggioranza del capitale di Enel, continuano a considerarlo un gruppo  significativo in cui investire, e da tirar ancor più a lucido. Non siamo in presenza di un’iniziativa di riders mordi-e-fuggi, che mirino a spezzare la società per estrarne valore. Altrimenti non candiderebbero mai alla presidenza Enel Marco Mazzucchelli, che ha un cv nella finanza e nell’advisoring italiano lungo come una Quaresima e che a propria volta fu ai vertici di Assogestioni. Il fondatore di Covalis, il lituano Zach Mecelis, in oltre 20 anni ha costruito a Londra e Wall Street un grande patrimonio di rispettabilità proprio per le sue iniziative nel comparto energetico e multiutility. Al Mef hanno fatto male a storcere la bocca quando Mecelis ha parlato di “opacità” della lista  del governo. L’opacità non sta nella violazione degli obblighi di scegliere tra nomi esaminati da advisor indipendenti, come è puntualmente stato fatto, ma nel non aver detto nulla di cosa i candidati del Mef faranno o meno, rispetto al piano strategico che Starace aveva avviato in Enel.

 

Di qui nasce la terza lista: per tentare di raccoglier deleghe al fine di rafforzare in Cda una voce strategicamente attenta alla redditività del titolo, alla riduzione del debito, e ai criteri con cui effettuare le molte cessioni attese. Perché era su questo triplice pilastro che si era avviato bene il piano-Starace. Enel realizza l’80 per cento dei  ricavi all’estero: tra Usa, America latina e Spagna, uscendo da mercati meno profittevoli e puntando tutto sulle rinnovabili. E che la terza lista sia molto attenta allo sviluppo su quei mercati lo conferma che dei sei candidati due siano di cittadinanza italiana, due americana e due spagnola. Non a caso. Nelle liste Mef e Assogestioni  solo italiani. Infine: per scendere prima a 60 miliardi di indebitamento netto, e poi verso i 50 miliardi come era stato preventivato, la scelta delle cessioni è stata anche necessaria perché il Mef non ha mollato sul fatto che i miliardi di dividendi allo stato non andavano toccati. Vi sembra strano, che i fondi esteri presenti in Enel siano interessati a un forte presidio per contenere improprie inframmettenze di uno stato assettato? Io brindo: avercene, di amministratori così.

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