L’obiettivo massimo, dichiarato anche dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo, è arrivare a una riforma con la portata di quella adottata nel 1973, cioè dell’unico intervento coerente e complessivo sul fisco. C’è una ragione per cui questa potrebbe non essere una spacconata. E non bisogna guardare alle intenzioni generali della delega, ma alla sua attuazione. Perché è nei decreti delegati che si gioca la vera partita. Verranno distribuiti, come è logico, lungo due anni. Partendo dal ridisegno delle aliquote Irpef, con la discesa da 4 a 3 e la possibilità di lavorare ugli scaglioni, soprattutto con l’innalzamento della soglia di quello che prevede la no-tax area e di quello ad aliquota minima. Poi toccherà alle tax expenditures e ai regimi fiscali per le aziende, con l’Irap da eliminare e l’Ires da rimodulare. Il tutto mantenendo l’approccio cosiddetto duale del fisco italiano, con i redditi tipicamente assoggettati a Irpef e quelli tassati in altre forme.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE