L’Ufficio parlamentare di Bilancio ha confermato che il contributo sul pil della misura è stato, di fatto, di un solo punto percentuale. 20 miliardi a fronte di un investimento di oltre 50: una lezione per la retorica grillina
Altro che moltiplicatore. Anche la teoria ultra espansionistica sul Superbonus, quella secondo cui la misura avrebbe avuto inequivocabilmente un forte impatto positivo sulla crescita, viene un po’ meno. A confutarla è l’Ufficio parlamentare di Bilancio, che nel corso di un’audizione alla Camera, ieri, ha evidenziato i dati macroeconomici accertati sul Superbonus. Ebbene, “il contributo degli investimenti in costruzioni residenziali alla crescita del pil nel biennio scorso è stato di due punti percentuali”, scrive l’Upb. Ma attenzione: “E’ possibile ricostruire – prosegue la nota – che metà del contributo sarebbe ascrivibile allo shock positivo generato dall’incentivo fiscale, ossia all’investimento in abitazioni aggiuntivo rispetto a quello che si sarebbe comunque effettuato”. Insomma, su due punti di pil di crescita garantiti dall’economia del mattone, uno solo è ascrivibile allo stimolo del Superbonus. Fanno, grosso modo, 20 miliardi. A fronte, però, di una mole di investimenti già completati che, a febbraio 2023, ammontano a 53,2 miliardi. Investimenti fatti non gratuitamente, beninteso: si tratta di spesa pubblica.
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