Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni (LaPresse)

le posizioni nella maggioranza

Prove di pace sul Superbonus. Oggi l'incontro tra governo e associazioni

Ruggiero Montenegro

"Senza modifiche non avremmo i soldi per fare la finanziaria", dice Meloni rivendicando la sua scelta. Berlusconi prova a spegnere le polemiche: "Scelta giustificata e inevitabile". Ma Ronzulli e Cattaneo chiedono ancora un tavolo di maggioranza. Oggi Mantovano, con Giorgetti e Urso, vede i costruttori. Ecco le possibili soluzioni

Dopo le polemiche, la tregua. O almeno il tentativo. E così, mentre Giorgia Meloni rivendica nei suoi "Appunti" la decisione sul Superbonus e il governo incontra oggi a Palazzo Chigi le associazioni di categoria, ecco che Silvio Berlusconi prova ad allentare le tensioni che attraversano la maggioranza sul dossier, parlando di un provvedimento "giustificato, forse inevitabile".

Ieri la premier, nella sua ormai consueta rubrica social, ha messo in fila tutte le storture legate al bonus edilizio varato dal governo Conte II. "Quando lo stato spende, nulla è gratuito", ha detto Meloni calcolando in 105 miliardi il costo totale dei crediti legati alla misura. "Se lasciassimo il Superbonus così com'è, non avremmo i soldi per fare la finanziaria", ha avvisato, riapparendo in pubblico dopo la "fastidiosa influenza". Un misura che "è costata circa 2.000 euro a ogni italiano" e "9 miliardi di truffe stimate".  In definitiva, dice la premier, "è stata scritta così male e fatta così male che ha generato una serie enorme di problemi che noi oggi abbiamo ereditato e siamo tenuti a cercare di risolvere". Ma Meloni ha anche aperto alle modifiche che potrebbero arrivare dalle aule parlamentari.

Parole che in qualche misura devono aver convinto Berlusconi, leader del partito che più di tutti ha mostrato insofferenza, a lanciare un messaggio di riconciliazione. Diretto probabilmente anche a qualcuno dei suoi, pronto a evocare barricate e sponde con l'opposizione. "Da uomo di stato e di economia, è giustificato e forse inevitabile il percorso del governo per evitare danni al bilancio dello Stato, che potrebbero addirittura portarci al default", è il ragionamento del Cav., che dopo la concessione, puntualizza: "Naturalmente il Parlamento sovrano discuterà il decreto".

Intesa ritrovata insomma? Non proprio. Perché resta in campo la richiesta di Alessandro Cattaneo e Licia Ronzulli. "Chiediamo che sia istituito un tavolo dove siedano i capigruppo di maggioranza prima che il provvedimento venga posto all’attenzione della commissione”, reclamano con una stoccata a Meloni i due fedelissimi di Berlusconi, "per ovviare allo scarsissimo tempo dato per valutare e emendare il provvedimento prima del Cdm che lo ha varato". Appena mezz'ora, secondo la nota dei presidenti dei gruppi forzisti di Camera e Senato. In Fi, sono in molti a ritenere che la stretta sui crediti fiscali sia troppo distante dagli impegni presi dal partito in questi mesi. Mulè è tornato a ribadirlo oggi, dalle pagine di Repubblica: "Non siamo le ancelle di Giorgia".

Occore dunque intervenire, per placare gli animi ma anche per salvaguardare le aziende in un quadro di sostenibilità dei conti pubblici. Il "come" dipenderà in parte dalle soluzioni che l'esecutivo sarà in grado di mettere in campo e dagli esiti dell'incontro di oggi pomeriggio, quando Alfredo Mantovano, sottosegretario di stato alla presidenza del Consiglio, insieme a Leo e ai ministri Giorgetti, Urso e Pichetto Fratin, vedrà le associazioni di categoria: Ance, Confindustria, Confedilizia, Confapi, alleanza delle Cooperative Italiane. Prima di questo vertice, sono attesi a Palazzo Chigi anche i rappresentanti di Abi, Cassa depositi e prestiti e Sace, con cui il governo discuterà le tecnicalità possibili per risolvere il pasticcio economico.

 

Si punterà a sbloccare circa 15 miliardi di crediti, una cifra stimata anche da Ance. Tra le proposte che arrivano da Fratelli d'Italia c'è quella della cartolirazzazione, ovvero la creazione di un pacchetto finanziario da mettere sul mercato e rivendere a società specializzate che ne emetterano poi dei titoli obbligazionari. L'altra strada, che poi è quella suggerita da Abi, consiste nel ricorso agli F24: ovvero consentire alle banche di utilizzare i crediti d'imposta bloccati per il pagamento di altre tasse. Una soluzione che potrebbe incontrare anche il supporto di una parte delle opposizioni, sul piede di guerra. Lo ha suggerito per esempio Carlo Cottarelli nel Pd, ma anche Italia Viva ha avanzato una proposta simile. Infine, un'altra ipotesi è quella che siano Cdp e Sace ad acquistare i crediti incagliati. La fattibilità di questo approccio va però discussa e verificata, a partire dal confronto in programma oggi.

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