Foto di Gian Ehrenzeller, Keystone via AP, via LaPresse 

Editoriali

Bce alza i tassi di mezzo punto al 3 per cento. Gli effetti della cura

Redazione

L’inflazione scende, ma l’Eurotower prosege la politica di rialzo dei tassi. A marzo saliranno di altri 50 punti base. Ma la recessione è difficile da escludere

 

[Aggiornamento ore 14.50]

Come la Fed, anche la Bce ha deciso di alzare i tassi d'interesse di mezzo punto percentuale per combattrere l'inflazione, portando il tasso sui rifinanziamenti principali al 3 per cento, quello sui depositi al 2,50 per cento, e quello sui prestiti marginali al 3,25 per cento, con effetto dall'8 febbraio 2023. Il consiglio direttivo dell'Eurotower intende aumentare i tassi di altri 50 punti base al suo prossimo meeting a marzo. È "una parola forte anche se non un impegno irrevocabile o assoluto", ma "nessuno deve dubitare" della determinazione di Francoforte a riportare l'inflazione al 2 per cento, ha detto la presidente della Bce Christine Lagarde.

"Servono politiche fiscali che aumentino la produttività e abbattano gradualmente il peso del debito", ha aggiunto Lagarde in conferenza stampa a Francoforte. "I governi dovrebbero adottare velocemente le riforme e ritirare ora misure" di sostegno sui prezzi dell'energia visto che "questa crisi è diventata meno acuta". Se le misure, ha sottolineato la numero uno dell'Eurotower, dovessero pesare troppo sui conti pubblici e non funzionare "potrebbero spingere a un rialzo dell'inflazione, il che stimolerebbe una risposta di politica monetaria più forte".

  

 

"Mantenere i tassi di interesse su livelli restrittivi farà diminuire nel corso del tempo l'inflazione frenando la domanda e metterà inoltre al riparo dal rischio di un persistente incremento delle aspettative di inflazione", ha aggiunto Lagarde. "In ogni caso anche in futuro le decisioni del consiglio direttivo sui tassi di riferimento saranno guidate dai dati e rifletteranno un approccio in base al quale tali decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione".

 

Oltre al rialzo dei tassi, Francoforte ha anche definito le modalità di riduzione del proprio bilancio che prevede un "taglio" dei titoli acquistati nel quadro del programma di acquisto di attività (Paa): come comunicato a dicembre, il ritmo di tale riduzione sarà pari in media a 15 miliardi di euro al mese dall'inizio di marzo alla fine di giugno 2023 e verrà poi determinato nel corso del tempo. I reinvestimenti parziali saranno - si spiega in una nota - "condotti sostanzialmente in linea con la prassi attuale. In particolare, i restanti reinvestimenti verranno distribuiti in proporzione alla quota di rimborsi nelle singole componenti del Paa e, nel quadro del Programma di acquisto per il settore pubblico (public sector purchase programme, Pspp), in proporzione alla quota di rimborsi per ogni paese e per i vari emittenti nazionali e sovranazionali. Nell'ambito degli acquisti di obbligazioni societarie da parte dell'Eurosistema, i restanti reinvestimenti saranno orientati maggiormente verso emittenti con risultati migliori dal punto di vista climatico. Fatto salvo l'obiettivo della Bce della stabilità dei prezzi, tale approccio sosterrà la graduale decarbonizzazione delle consistenze di obbligazioni societarie dell'Eurosistema, in linea con gli obiettivi dell'Accordo di Parigi". 

 

Dopo le decisioni della Bce, i rendimenti per i bond dell'Eurozona sui tassi di interesse sono in forte calo, con lo spread Btp/Bund che si attesta a 190 punti base dai 197 punti dell'apertura. Il rendimento dei decennali italiani, che si muoveva sopra la soglia del 4,2 per cento prima delle mosse Bce, è crollato al 4,05 per cento. Movimento simile per tutti gli altri bond dell'Eurozona.

Intanto, anche Londra si muove nella stessa direzione di Washington e Francoforte. La Banca d'Inghilterra ha deciso di portare i tassi – come era previsto - dal 3,5 al 4%, raggiungendo un livello record da 14 anni a questa parte.

 


 

L’inflazione sta calando oltre le attese nell’Eurozona (+8,5 per cento a gennaio rispetto al +9,2 per cento di dicembre), ma questo non dissuaderà la Bce dal suo approccio duro nella lotta al caro prezzi. Il consenso del mercato è unanime: l’Eurotower oggi aumenterà i tassi di 50 punti base. Meno prevedibile è l’entità dei futuri rialzi, che pure appaiono scontati a partire da quello di marzo, che secondo alcuni osservatori economici sarà di altri 50 punti e secondo altri, invece, si limiterà a 25 punti base.

 

In ogni caso, il tasso finale della stretta monetaria non dovrebbe discostarsi troppo dal 3,5 per cento, prima che si possa innescare l’inversione di tendenza che molti sperano. Vale quello che ha affermato nei giorni scorsi Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, il quale ha detto no a rialzi prestabiliti dei tassi dopo febbraio, poiché gli choc di offerta che hanno colpito l’economia stanno cominciando ad affievolirsi.

 

Ma quello che potrebbe rendere determinata la Bce a mantenere un inasprimento aggressivo è che a fronte della minore incidenza della componente energetica sulla curva dei prezzi si registra una persistente inflazione di fondo (in Italia, per esempio, è salita al 6 per cento dal 5,8 per cento di dicembre), che fa temere una tendenza strutturale all’aumento simile a quella che si è manifestata negli Stati Uniti come effetto di politiche fiscali particolarmente espansive.

 

Alla fine, come ha ricordato sempre Panetta, le decisioni si devono prendere sulla base dei dati ed è possibile che la presidente Christine Lagarde, che finora non ha brillato per una comunicazione efficace, dica che il ritmo dell’inasprimento sarà rivalutato a marzo, in seguito all’aggiornamento delle proiezioni economiche. Intanto, ricorda un’analisi di Axa Im, è difficile aspettarsi una “stretta senza recessione” perché l’unico caso nella storia è avvenuto negli Stati Uniti nel 1994 quando a un aumento dei tassi della Fed non seguì neanche una minima contrazione del pil. Certi miracoli non è facile che si ripetano.