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editoriali

Un mega sciopero da Starbucks manda all'aria il Red cup day

Redazione

I sindacati in America "rovinano" alla catena il giorno più importante dell'anno, quello delle tazze rosse

Dal 2 di novembre gli Starbucks d’America hanno iniziato a decorare i loro interni con fiocchi di neve, alberi e babbi natale, e a cambiare il colore dei loro bicchieri di carta, dall’arancione al rosso. Il giorno più atteso del sempre più lungo periodo natalizio è, per la catena di caffetterie nata a Seattle, il 17 novembre, il Red cup day, giorno in cui i clienti possono avere gratis una tazza riusabile con il loro ordine a tema “vacanze di Natale” (in anni recenti è stato scelto di limitare l’uso della parola Natale per non offendere le altre religioni). Ci si aspettavano lunghe code per avere la tazza che da cinque anni è diventata un oggetto da collezione, ma proprio giovedì in un centinaio di caffetterie oltre 2.000 dipendenti hanno deciso di scioperare per mandare un segnale al ceo e fondatore, Howard Schultz. I dipendenti si lamentano della paga mantenuta ai livelli standard in un giorno così impegnativo e della mancanza di risposte nelle negoziazioni per sindacalizzarsi.

 

Meno di un anno fa il primo Starbucks, a Buffalo, è riuscito a creare un sindacato e da allora l’hanno seguito oltre trecento negozi, ma solo 112 sono riusciti ad avere l’approvazione della direzione che si era detta preoccupata per un eventuale aumento del costo del lavoro. E’ la prima volta che viene organizzato uno sciopero di queste dimensioni, e il sindacato l’ha chiamato “Red cup rebellion”. In certi punti vendita al posto delle tazze limited edition sono state date quelle con il marchio del sindacato, lo Starbucks Workers United: un pugno chiuso che stringe un frappuccino. Ma i numeri sono bassi, considerato che ci sono oltre 15 mila Starbucks nel territorio americano. La sinistra democratica, che ha avuto ben poco spazio di decisione nell’equilibrio governativo e parlamentare, ha subito abbracciato la lotta sindacale. Starbucks, diventato sinonimo di coworking pre pandemico – c’è il wifi gratis – e di paradiso delle basic white girls, si unisce così alla serie di aziende prese di mira dalla sinistra americana insieme a Twitter, Ticketmaster e Amazon.

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