Fratelli d'Ita. Su Alitalia il governo va incontro ai desiderata di Meloni

Luciano Capone

La scelta della cordata Certares-Air France è una soluzione ponte verso il nuovo esecutivo: da un lato per Draghi è un passo verso la privatizzazione, dall’altro resta una forte presenza statale, come vuole FdI

Il governo ha scelto, ma non è ancora detto che la cessione di Ita vada in aeroporto. Il Tesoro comunica l’avvio di “un negoziato in esclusiva” con il consorzio Certares, Delta Airlines, e Air France-Klm. È stata quindi preferita l’offerta del fondo americano rispetto a quella, inizialmente ritenuta favorita, di Lufthansa e Msc. Al momento non si conoscono i dettagli delle due proposte, coperte da clausole di riservatezza. Ma, se ci si attiene al dpcm dell’11 febbraio 2022 che regola la privatizzazione della compagnia aerea, i paletti sono: la cessione di una quota di maggioranza, ovviamente al prezzo più vantaggioso; ma anche il piano industriale per salvaguardare l’occupazione e gli hub nazionali (Fiumicino); accordi di governance per assicurare al Tesoro, che mantiene una partecipazione di minoranza, il perseguimento degli obiettivi industriali (non poteri gestionali, ma di controllo nel cda).

 

Si deve presumere che l’offerta di Certares, che nel tempo è stata migliorata, deve essere stata superiore in questi aspetti. Non si conoscono i dettagli economici, ma di sicuro la cordata che vede Air France nelle retrovie ha dato al Mef maggiori garanzie sulla governance. “Prendiamo atto della decisione del governo italiano di intraprendere una strada che consenta una maggiore influenza dello stato e non preveda una completa privatizzazione di Ita”, ha commentato ieri Lufthansa. Sullo sfondo della decisione “tecnica”, infatti ci sono sempre la politica e la campagna elettorale. E quindi la figura di Giorgia Meloni.

 

Con la fine anticipata del governo Draghi, la leader di FdI è diventata il convitato di pietra di questa trattativa. La Meloni, data in largo vantaggio da tutti i sondaggi, si è sempre espressa contro la vendita di Ita agli “stranieri”, preferendo la prosecuzione di una gestione statale. Da un lato il governo Draghi ha voluto proseguire sulla via della privatizzazione, come da accordi con Bruxelles, senza farsi dettare l’agenda dalla leader dell’opposizione; dall’altro è impossibile non tenere conto in alcun modo della posizione di chi è dato come favorito a subentrare a Palazzo Chigi. Non fosse altro perché al momento il “negoziato in esclusiva” non ha tempi prevedibili e non comporta impegni vincolanti, e cioè penali, per nessuna delle due parti. Tutti possono sfilarsi in qualsiasi momento. Pertanto, a meno di un blitz prima delle elezioni, è probabile che per la decisione definitiva si aspetti il nuovo esecutivo.

 

E in questa prospettiva, al di là degli aspetti economici e industriali, la scelta della cordata Certares è una specie di soluzione-ponte che consente di salvare capra e cavoli. Da un lato, per il governo Draghi è un importante passo verso la privatizzazione, come da programma; dall’altro è un passo nella direzione auspicata dal partito della Meloni di una maggiore presenza pubblica nella compagnia. Se FdI non si è mai espresso a favore di Certares, perché la soluzione preferita resta la gestione statale, di sicuro ha stroncato l’offerta di Lufthansa che prevedeva un controllo molto più forte dei privati: la compagnia tedesca e il colosso della logistica Msc. “Se Draghi vuole forzare la mano al punto di giungere al closing prima del voto – ha dichiarato qualche giorno fa a Mf il colonnello di FdI Fabio Rampelli – è evidente che esista un accordo inconfessabile per consegnare il business del trasporto aereo italiano ai tedeschi”.

 

Così non è andata, i timori dei Fratelli di Ita sono stati evitati. “Non conosco bene il dossier, ma non si dovrebbe andare avanti su una materia così strategica senza aspettare il prossimo governo”, ha commentato Meloni. Un governo targato FdI potrà far saltare l’accordo, ma non è detto che alla Meloni non piaccia una soluzione che accontenta Bruxelles sulla privatizzazione e consente allo stato di restare con almeno un piede nell’ex Alitalia. Se sia un affare anche per i contribuenti è da vedere.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali