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Editoriali

Anche l'Fmi critica il Superbonus

Redazione

Il Fondo monetario internazionale ha parlato: costoso, regressivo e a rischio frodi. Gli stessi problemi sollevati a suo tempo da Mario Draghi 

Giuseppe Conte l’aveva presa quasi come una questione personale, o comunque più politica che tecnica. Mario Draghi era critico del Superbonus 110 per cento, e voleva riformarlo, perché ce l’aveva con l’“agenda ecologista e progressista” del M5s, perché voleva cancellare quanto fatto dal governo Conte. Evidentemente erano delle proiezioni psicologiche figlie di un trauma irrisolto, perché a ben vedere i problemi del Superbonus ci sono e sono pure grossi. L’ultima istituzione a certificarlo è il Fondo monetario internazionale, che ha appena pubblicato un lungo rapporto sull’Italia nell’ambito del cosiddetto Article IV.

 

Nel documento c’è un focus sul superincentivo per la ristrutturazione degli immobili, in cui vengono segnalate le principali criticità. “Il rapporto qualità-prezzo è basso – scrive l’Fmi – poiché l’efficienza energetica è scarsamente mirata e il tasso di sovvenzione è eccessivo”. Nel 2021, a fronte di decine di miliardi spesi, sono stati rinnovati 57 mila edifici, lo 0,5 per cento del totale, con un risparmio energetico marginale. “Inoltre – scrive sempre l’Fmi – l’aliquota molto elevata del credito d’imposta (superiore al costo dell’investimento) sovvenziona parte della spesa che sarebbe comunque avvenuta e incoraggia l’azzardo morale poiché le famiglie non hanno incentivi a prevenire la fatturazione eccessiva”.

 

L’altro problema, secondo il Fondo, è che la misura è “regressiva”, avvantaggia cioè soprattutto i più ricchi. Inoltre lo schema è “vulnerabile a ricarichi eccessivi” e a frodi. Costi alti, rischio di frodi, spinta all’inflazione perché manca l’incentivo a contenere i prezzi. Sono esattamente le modifiche che Draghi ha tentato di apportare per rendere stabile e sostenibile una misura che ha oggettivamente spinto il settore e il pil. E, peraltro, sono le medesime critiche mosse, prima dell’Fmi, dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb). Da chi, in sostanza, riesce a fare una valutazione oggettiva. Se c’era qualcuno che complottava contro Conte e il M5s non era Draghi, ma la realtà.

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