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settori strategici

Draghi usa il golden power e ferma i russi sull'idrogeno italiano

Francesco Dalmazio Casini

Il governo usa i poteri straordinari per impedire l’acquisto di Faber Industrie da parte di una controllata di Rosatom, l’azienda di stato che si occupa di nucleare

Stop ai russi di Rosatom. Mario Draghi ha utilizzato per la quinta volta il golden power per impedire l’acquisto della società friulana Faber Industrie Spa da parte di Rusatom GasTech, una controllata dell’agenzia statale per l’energia atomica della Federazione russa. Faber è una delle poche società italiane attive nella produzione di bombole e stoccaggi per l’idrogeno. Un settore con enormi prospettive per cui il Pnrr assegna circa nove miliardi di euro di investimenti.

  

L’azienda russa, che oltre al nucleare si occupa anche di energia rinnovabile, avrebbe offerto circa 150 milioni di euro per il 99,4 per cento delle quote della Faber. In questo modo Rusatom avrebbe acquisito i due impianti dell’azienda della famiglia Toffolutti, quello di Cividale e quello di Castelfranco Veneto, il polo dove vengono prodotte le bombole.

  

La decisione di Draghi, comunicata alle Camere il 1 giugno, rappresenta il quinto utilizzo dei poteri eccezionali per la tutela dei settori strategici nazionali. Gli altri quattro utilizzi avevano sempre interessato aziende della Repubblica popolare cinese. L’ultima volta appena venti giorni fa, quando il governo aveva impedito un trasferimento di tecnologia da parte dell’italiana Robox verso Efort Intelligent Equipment, società attiva nel settore della robotica legata al governo cinese.

  

Dopo lo stop del governo la Faber resta in vendita, mentre prosegue la tornata di scioperi da parte degli oltre 300 dipenendenti dell’azienda. Una serie di dissidi tra lavoratori e società che non sono legati alla vicenda dell’acquisto da parte di Rusatom. Il punto dello scontro è l’introduzione di un premio di produzione, su cui sembra non trovarsi un accordo. Sebbene abbia registrato un calo del fatturato durante il periodo del Covid, l’azienda è in buona salute (crescita del nove per cento sul 2020) e la decisione della vendita sarebbe legata a conflitti interni al consiglio d’amministrazione.