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Netflix, tutti i numeri di una crisi

Stefano Cingolani

L’enigma della piattaforma americana: meno ricavi del previsto e meno utenti paganti. Quanto è grande davvero il mercato dello streaming?

Il primo serio campanello d’allarme era suonato già a gennaio quando Netflix aveva annunciato di attendersi per quest’anno un numero di abbonati inferiore al previsto. Allora le azioni avevano ceduto un quinto del loro valore. Ma martedì è stato senza dubbio il giorno peggiore della sua intera esistenza, per la società che ha contribuito a cambiare il mondo del cinema e della tv. Escono i dati del bilancio trimestrale e salta agli occhi la perdita di 200 mila clienti, in teoria non molti su una platea di 221 milioni di abbonati, ma è la prima riduzione netta dall’ottobre 2011, un decennio che in questo tipo di business è lungo un secolo. Allora eravamo ai primordi adesso, forse, ci stiamo avviando alla maturità.

E’ quel che hanno pensato a Wall Street dove mercoledì in apertura il titolo è crollato del 33 per cento, trascinando in basso anche se in modo meno traumatico l’intero settore dell’intrattenimento in streaming a cominciare dai più diretti concorrenti come Disney, Spotify, Roku, Warner Bros e Discovery che stanno celebrando la loro luna di miele. “Gli anni d’oro di Hollywood sono dietro le spalle, è finita l’èra dei soldi facili”, secondo Lex del Financial Times. Altri sottolineano la fragilità dei Big Tech già messa in evidenza dal calo degli utenti di Facebook. Ma prima di lanciarci nel tradizionale scenario dei tanti tramonti (dell’occidente, del capitalismo, di internet, dei social media e via via eclissandosi) proviamo a leggere le cifre. 

 

I ricavi del primo trimestre sono cresciuti del 10 per cento a 7,87 miliardi di dollari, ma gli analisti di Wall Street avevano previsto 7,93 miliardi. L’utile è calato a quota 1,6 miliardi dagli 1,71 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso. Netflix non è in rosso, cresce meno, perde ritmo e in questo tipo di business la velocità è tutto o quasi. Anche nel secondo trimestre ci sarà una flessione e ben più consistente: circa 2 milioni di utenti, nonostante il ritorno di serie tanto attese come “Stranger Things” e “Ozark” e il debutto del film “The Grey Man”. Tra le spiegazioni ufficiali c’è l’uscita dalla pandemia, perché il biennio del Covid-19 e dei lockdown aveva “drogato” Netflix e l’intero mondo in streaming. Poi è scoppiata la guerra in Ucraina: a marzo è stato sospeso il servizio in Russia e sono 700 mila sottoscrittori in meno. Terza causa più strutturale, la concorrenza di Amazon, Apple, Disney, Discovery e tutti gli altri. E’ vero che in un mercato in espansione non esiste gioco a somma zero, ma quanto si espanderà ancora questo mercato? Ecco la domanda cruciale alla quale non c’è ancora risposta. Esiste poi un fattore che incide parecchio sui ricavi: la condivisione degli account così che i paganti sono 220 milioni, ma i fruitori arrivano a 320 milioni. A tutto questo va aggiunto che i nuovi arrivati sul mercato fanno pagare meno. 

I servizi di streaming hanno speso 50 miliardi di dollari in nuovi contenuti l’anno scorso, nel tentativo di attrarre o trattenere abbonati, secondo la società specializzata Ampere Analysis. Si tratta di un aumento del 50 per cento rispetto al 2019, quando è cominciata la nuova fase di competizione per ottenere altri utenti. Reed Hastings, cofondatore e amministratore delegato di Netflix, per la prima volta ha aperto alla possibilità di abbassare i prezzi, ma in tal caso occorre accettare gli annunci pubblicitari, una scelta che cambia la natura stessa del business. Al momento l’abbonamento costa da 7,99 a 17,99 euro al mese, a seconda dei profili attivabili e dei dispositivi utilizzabili in contemporanea, ma potrebbero nell’arco dell’anno arrivare nuove soluzioni, per esempio aumentando la funzione interattiva con il doppio pollice in alto e consentendo di cambiare a piacere il finale delle storie.

 

Netflix insomma cerca di correre ai ripari; al di là dei tanti possibili espedienti la via maestra resta sempre quella di conquistare altri mercati, oltre agli Stati Uniti e all’Europa che s’avviano alla saturazione. “Centinaia di milioni di famiglie pagano per Netflix – è il messaggio di Hastings – Ma ben oltre la metà delle case a banda larga del mondo non lo fa ancora, c’è un enorme potenziale di crescita che ancora non utilizziamo. Di qui la moltiplicazione dei contenuti in lingua locale”. Mercati nuovi contro mercati maturi, l’innovatore cresce e non può più sfruttare il vantaggio del primo arrivato, la concorrenza spinge a concentrarsi, a cercare altre soluzioni, a trasformare il modello di business, a inventare prodotti e servizi. Era tutto già scritto, c’era tutto in Joseph A. Schumpeter ben prima di Big Tech, quando splendeva il sol dell’avvenire.

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