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il parere

Anche l'Ufficio parlamentare di Bilancio critica il governo sull'Inpgi

Luciano Capone

L'organismo indipendente boccia il passaggio all'Inps dell'ente previdenziale dei giornalisti perché iniquo e generoso. Per il presidente dell'Upb Giuseppe Pisauro il salvataggio deciso dal governo è un "cattivo esempio" per le altre casse pensionistiche

Su questo giornale abbiamo criticato il salvataggio dell’Inpgi, la cassa pensionistica dei giornalisti che verrà assorbita nell’Inps, dicendo che è iniquo perché garantisce i generosi “diritti acquisiti” dei giornalisti scaricando il costo sugli altri contribuenti e che è pericoloso perché diventa un precedente che premia le gestioni irresponsabili e spinge le altre casse pensionistiche all’azzardo morale.

Inpgi, per l'Upb il salvataggio da parte del governo è sbagliato

Della stessa opinione è l’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb), l’organismo di controllo sulla finanza pubblica. Il presidente, l’economista Giuseppe Pisauro, in audizione parlamentare ha definito il bail-out dell’Inpgi un “cattivo esempio”. Nella sua relazione sulla legge di Bilancio, l’Upb dedica un paragrafo alla questione evidenziando il costo dell’operazione: 2,5 miliardi di euro complessivi fino al 2031 (non ci sono stime per gli anni successivi, ma il deficit strutturale al 2031 sarò di circa 300 milioni annui). Lo stato dei conti dell’Inpgi è deteriorato da tempo, ma l’accumulazione dei disavanzi è proseguita “permettendo l’erogazione di quelle prestazioni al di sopra delle possibilità dell’ente” che ora verranno garantite dall’Inps anche per il futuro. Inoltre, scrive l’Upb, con l’assorbimento della sola Inpgi 1 ormai fallita e il mantenimento dell’Inpgi 2 che è in leggero attivo “si applica un’operazione di spin-off simile a quelle spesso osservate in ambito bancario (con la bad-bank nazionalizzata e la newco rinnovata sul mercato)”.

 

Ma ciò che sorprende è l’enorme differenza tra il generoso salvataggio fornito dalla legge di bilancio e le severe richieste rivolte all’Inpgi solo due anni fa dal ministero del Lavoro: “Sospendere prestazioni facoltative, limitare la crescita del debito pensionistico, conformarsi al sistema generale e, se non sufficiente, adottare un ordinamento più rigoroso sino alla risistemazione dei conti”. Nulla di tutto ciò è più richiesto, tutto quello che era insostenibile ora viene garantito dall’Inps. Le modalità del bail-out, scrive l’Upb “appaiono in contrasto con le riforme che nel tempo hanno coinvolto il primo pilastro dell’Inps”. Al di là degli aspetti di equità, ciò che è preoccupante secondo l’Upb è il significato generale di questa operazione che “oltre a indurre a sottovalutare l’inefficacia delle sorveglianze, finisce per premiare ex-post il moral-hazard degli organismi di gestione e dei rappresentanti di categoria, configurandosi come pericoloso precedente all’interno della previdenza di base che contempla 23 casse privatizzate”.

Un passo in avanti rispetto a Conte ma non è abbastanza

L’Upb riconosce che la soluzione del governo Draghi è preferibile a quella individuata dal governo Conte, che “prevedeva di spostare dalla platea degli assicurati all’Inps a quella dell’Inpgi alcune tipologie di lavoratori dipendenti”, in quanto “non solo avrebbe ridotto i contribuenti attivi dell’Inps, ma avrebbe rappresentato soltanto una soluzione temporanea dei problemi strutturali dell’Inpgi”. Quello previsto da Conte era un pessimo salvataggio, su questo non ci sono dubbi, ma la strada individuata da Draghi è comunque, come dice Pisauro, un “cattivo esempio”. D’altronde ci si aspettava che questo governo puntasse al meglio e non al meno peggio.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali