Arnaud Roy de Puyfontaine, Luigi Gubitosi e Vincent Bollore' (Foto Ansa) 

Da nemico ad alleato

Lo strano asse tra Vivendi e Draghi per il futuro di Tim (senza Gubitosi)

Stefano Cingolani

Bolloré giudica insufficiente l'offerta di Krr, ma la riluttanza non è solo una questione di prezzo. Venerdì un nuovo cda. Intanto il governo si è dichiarato neutrale e ha posto tre vincoli: la rete, la sicurezza, l’occupazione

Vivendi, il socio numero uno di Tim con quasi il 24 per cento, non intende aderire all’offerta del fondo Kkr: “E’ totalmente insufficiente”. La Borsa gongola, i piccoli azionisti che hanno visto il titolo crollare da un euro quando Vincent Bolloré è diventato il socio numero uno ai 34 centesimi di venerdì scorso, si fregano le mani: una bella battaglia tra colossi può portare frutti copiosi. E’ il mercato bellezza e il mercato produce effetti spesso sorprendenti, come, ad esempio trasformare i francesi considerati feroci predatori di ricchezze italiche da un ampio schieramento nazional-populista, in interlocutori affidabili. 


Secondo una ricostruzione della riunione del cda di domenica scorsa, l’amministratore delegato Luigi Gubitosi avrebbe voluto accelerare i tempi, ma i due rappresentanti di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine e Frank Cadoret, con il sostegno di altri tre consiglieri indipendenti, avrebbero frenato. A Vivendi i 50 centesimi proposti da Kkr non bastano, ma non è solo una questione di prezzo (circolano già possibili mediazioni sopra gli 80 centesimi): vuole la poltrona dell’amministratore delegato il quale per difendersi ha aperto le porte al fondo americano. Ci sarà una nuova seduta probabilmente venerdì, però la ricerca del sostituto è già cominciata con la società specialista Spencer Stuart. Si fanno alcuni nomi: Pietro Labriola che guida Telecom Brasile, Stefano Siragusa capo della finanza e tra gli esterni si parla di Aldo Bisio responsabile per l’Italia di Vodafone gestita a lungo da Vittorio Colao attuale ministro della Transizione digitale. Matteo Salvini (anche lui francofobo pentito?) adesso appoggia la richiesta di Bolloré i cui portavoce ammorbidiscono i toni: “Non abbiamo nulla contro Kkr, lo consideriamo un fondo amico e ci sono ottimi rapporti. Potremmo operare bene insieme, a loro interessa l’infrastruttura a noi i servizi”, fanno sapere fonti transalpine che invitano a leggere bene le dichiarazioni ufficiali rilasciate oggi: “Vogliamo lavorare con il governo e le altre istituzioni. Noi siamo azionisti di lungo termine”. 

Il governo italiano si è dichiarato neutrale e ha posto tre vincoli: la rete, la sicurezza, l’occupazione, lasciando sullo sfondo la possibilità di usare il golden power. Ma il governo non è solo arbitro, è anche l’azionista della Cassa depositi e prestiti la quale possiede il 9,8 per cento di Tim (il presidente Giovanni Gorno Tempini siede nel cda) e controlla Open Fiber, la società che deve portare la fibra ottica in tutto il paese. Proprio Cdp potrebbe diventare lo snodo principale dell’intera partita uscendo da Tim che ha solo prodotto perdite. “Con Kkr e la Cassa potremmo avviare un percorso per esempio sulla rete”, dicono ancora le fonti francesi. C’è di mezzo la Ue che vuole una rete aperta a tutti e neutrale senza un azionista dominante, tanto meno l’ex monopolista Tim, tuttavia si potrebbero avere in una prima fase due società: Open Fiber concentrata sulla fibra ottica e una compagnia nella quale far confluire la rete primaria di Tim e l’ultimo miglio oggi in FiberCop della quale è azionista anche Kkr. A Tim restano le connessioni mobili in Italia e in Brasile (dove ha da poco venduto la rete fissa). Probabilmente occorre riflettere anche su dove collocare Sparkle (i cavi internazionali) e i data center. In una fase successiva si vedrà se formare o no quella “Terna” delle infrastrutture telecom che non piace a Colao, ma trova favorevole Giancarlo Giorgetti.


Bolloré non getta la spugna. La sua campagna d’Italia gli ha provocato più guai che altro. E’ stato bloccato dalla politica e dai magistrati, il tentativo di prendere il controllo di Mediaset per creare una “Netflix europea” è fallito, da Mediobanca si è via via ritirato. Adesso vorrebbe che la partita delle telecomunicazioni finisse sul tavolo delle relazioni italo-francesi. Giovedì verrà firmato al Quirinale il trattato bilaterale che ha implicazioni anche economiche e industriali (soprattutto nella difesa), il presidente Emmanuel Macron incontra Draghi. A côté potrebbe essere discussa anche l’Opa americana su Tim? Difficile che Draghi, a questo punto, si sbilanci. Troppo presto, il mercato deve fare il suo corso.

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