Zanetti si fa da parte, solo così si sblocca la nomina dell'Upb

Luciano Capone

Il rinnovo del più importante organo consultivo indipendente sulla finanza pubblica è diventato un serio problema istituzionale, soprattutto in vista della nuova Nadef. Oggi i nomi dei candidati in commissione Bilancio

Alla fine è lui, l’ostacolo, a sbloccare l’impasse istituzionale. Enrico Zanetti ha comunicato alle forze politiche che sostengono la sua nomina l’intenzione di ritirarsi dalla corsa per l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb). Il rinnovo dell’Upb è diventato un serio problema istituzionale perché il mandato dei suoi membri – sei anni non rinnovabili – è scaduto ormai da un anno e mezzo. E, come se non bastasse, uno dei tre membri, Chiara Goretti, è stata nominata coordinatrice della Segreteria tecnica del Pnrr da Mario Draghi. Pertanto ora ne rimangono solo due, il presidente Giuseppe Pisauro e il consigliere Alberto Zanardi, in prorogatio da tempo immemore e a tempo indefinito.

 

Ma un Upb scaduto e mutilato pone un serio problema istituzionale, dato che si tratta del più importante organo consultivo indipendente sulla finanza pubblica, introdotto nell’ordinamento italiano in attuazione delle normative dell’Unione europea per valutare il rispetto delle regole di bilancio. E il problema è ancor più sentito dato che è già iniziata la nuova sessione di Bilancio: il governo dovrà presentare la Nota di aggiornamento al Def alle Camere entro il 27 settembre. In questo contesto, non avere un Upb al completo e pienamente legittimato è un vulnus istituzionale, dato che il suo compito è proprio quello di valutare le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica del governo. Per colmare mancanza, da tempo, sono giunte diverse segnalazioni per sensibilizzare il Parlamento a effettuare le nuove nomine, sia da parte di Palazzo Chigi (benché il governo non c’entri nulla con la nomina dell’Upb, anzi in una certa misura ne è soggetto controllato) sia dai livelli istituzionali più alti dal Quirinale alla Commissione europea. Ma perché non si va avanti con le nomine?

 

La legge affida il compito ai presidenti di Camera e Senato, che scelgono i tre consiglieri dell’Upb da una lista selezionata dalle commissioni Bilancio di dieci personalità di “riconosciuta indipendenza e comprovata competenza ed esperienza in materia di economia e di finanza pubblica a livello nazionale e internazionale”. Ma le commissioni Bilancio non consegnano a Roberto Fico ed Elisabetta Casellati questo elenco, ormai da 16 mesi, per ché c’è un incaglio sui nomi. E in particolar modo su quello di Enrico Zanetti, ex viceministro dell’Economia nel governo Renzi, quando a Via XX Settembre c’era Pier Carlo Padoan. Zanetti è appoggiato prevalentemente dal centrodestra, con cui si era candidato alle scorse elezioni, e può contare sui buoni rapporti con la presidente del Senato Casellati, veneta come lui, che dovrà scegliere la terna finale. Ma sul suo profilo sono sorte diverse obiezioni. La prima, di tipo tecnico, è che Zanetti pur essendo uno stimato e affermato commercialista non avrebbe le credenziali professionali tipiche degli economisti che servono per effettuare le stime predittive e le simulazioni econometriche sull’impatto macroeconomico delle scelte di governo che competono all’Upb. Ma, a parte i requisiti tecnici, a Zanetti viene contestato anche il profilo molto politicizzato (ex viceministro, segretario di Scelta civica, candidato alle politiche) in contrasto con il requisito di “riconosciuta indipendenza” richiesto dalla legge.

 

Naturalmente il centrodestra ha sempre respinto le obiezioni e non ha accettato il veto sul suo candidato imposto dagli altri partiti. Alla fine, come detto, è stato lo stesso Zanetti a decidere di fare un passo indietro per sbloccare lo stallo istituzionale. Così stasera alle 20 le commissioni Bilancio si riuniranno per una prima scrematura dei candidati sulla base dei requisiti, ma è possibile, se non ci saranno ulteriori intoppi, che si riesca anche a definire la lista da inviare a Fico e Casellati. Tra i nomi in corsa il più titolato è probabilmente quello di Massimo Bordignon, professore di Scienza delle finanze alla Cattolica e membro dell’European Fiscal Board (Efb), su cui però c’è stata, almeno fino a poco fa, l’opposizione del M5s che riteneva – in maniera infondata – in “conflitto d’interessi” il suo passaggio dall’Efb all’Upb. Tra gli altri candidati, tutti economisti esperti di finanza pubblica, ci sono Giampaolo Arachi, Valeria De Bonis, Silvia Fedeli, Maurizio Franzini, Fiorella Kostoris Padoa Schioppa, Mauro Marè, Salvatore Nisticò, Gustavo Piga, Leonzio Rizzo, Nicola Sartor. La speranza è che, seppure con colpevole ritardo, il Parlamento riesca a nominare un Upb che abbia la stessa autorevolezza e competenza mostrate in questi anni dal consiglio guidato da Pisauro.

 

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali