Una nomina di Draghi (Goretti) illumina il guaio istituzionale dell'Upb

Luciano Capone

Con Chiara Goretti a Palzzo Chigi, l'Ufficio parlamentare di bilancio resta amputato oltre che scaduto da un anno e mezzo. I veti incrociati dei partiti impediscono la nomina, ma con la sessione di bilancio già avviata non avere un fiscal council legittimato è un grave vulnus istituzionale

La notizia è la nomina da parte di Mario Draghi di Chiara Goretti a coordinatrice della Segreteria tecnica del Pnrr, la struttura creata presso Palazzo Chigi per supportare la cabina di regia e il tavolo permanente. Ma le conseguenze più imminenti riguardano l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) di cui la Goretti era una dei tre membri. Ora ne rimangono solo due, il presidente Giuseppe Pisauro e il consigliere Alberto Zanardi. E questo è il meno. Il vero problema è che l’Upb è scaduto e i suoi membri sono in prorogatio ormai da un anno e mezzo. La Goretti ha colto l’opportunità che le ha offerto il governo, mentre gli altri due economisti restano lì, quasi sequestrati, a mandare avanti l’organismo.

 

Un Upb amputato pone però una seria criticità istituzionale, visto che si tratta del più importante organo consultivo indipendente sulla finanza pubblica. Soprattutto ora che il paese è entrato nella nuova sessione di bilancio, non avere un Upb completo e pienamente legittimato è una ferita istituzionale dato che il suo compito è proprio quello di valutare le previsioni macroeconomiche del governo. Eppure, pare proprio che su questo tema il governo sia più sensibile del Parlamento: “Più volte, almeno una volta al mese, abbiamo segnalato il problema”, dicono da Palazzo Chigi. Non solo dal governo, gli inviti a nominare il nuovo Upb sono arrivati da tutti i più alti livelli istituzionali, dal Quirinale alla Commissione europea, seppure in maniera informale (tutti sono attenti a non interferire con la prerogative del Parlamento). Perché il problema è tutto lì, nelle forze politiche. La legge affida la nomina ai presidenti di Camera e Senato, che scelgono i tre membri da una lista di dieci personalità di “riconosciuta indipendenza e comprovata competenza ed esperienza in materia di economia e di finanza pubblica a livello nazionale e internazionale” indicata dalle due commissioni Bilancio. Ciò vuol dire che il primo passo spetta a Fabio Melilli (Pd) e Daniele Pesco (M5s), presidenti delle commissioni Bilancio di Camera e Senato, che hanno convocato i colleghi parlamentare l’8-9 per scegliere la lista da consegnare a Roberto Fico ed Elisabetta Casellati. Ma c’è un’impasse sui nomi.

 

Tra i candidati ci sono diversi economisti come Nicola Sartor, Mauro Marè, Gustavo Piga, Giampaolo Arachi, Maurizio Franzini... ma lo stallo politico riguarda due nomi, per motivi molto diversi. Uno è Massimo Bordignon, professore di Scienza delle finanze e membro dell’European Fiscal Board (Efb), il comitato consultivo per le finanze pubbliche dell’Ue (insomma, l’Upb europeo). In un paese normale sarebbe essere la personalità più adeguata a guidare l’Upb, ma in Italia, increedibilmente, il passaggio dall’Efb all’Upb è ritenuto un “conflitto d’interessi”, almeno per il M5s. Su Bordignon c’è pure l’ostilità della Lega, che lo ritiene un euroburocrate di sinistra. L’altro nome problematico è Enrico Zanetti, ex viceministro dell’Economia, appoggiato dal centrodestra e, pare, dalla Casellati, ma ritenuto dagli oppositori inadeguato perché caratterizzato politicamente e senza le credenziali accademiche adeguate. Non si registrano progressi, i partiti sembrano disinteressati alla questione. Ed è difficile che la faccenda venga risolta presto. Anche perché la procedura non aiuta: bisogna approvare i 10 nomi, singolarmente, e con i due terzi dei voti, separatamente, nelle due commissioni.

 

Nel 2014 per il primo Upb ci vollero un paio di mesi, perché i nomi tra le due commissioni non coincidevano. Se ci sono veti incrociati non si va avanti. Poi, una volta selezionata la decina, i presidenti delle Camere scelgono i tre membri. La scorsa volta questo passaggio fu immediato, anche perché c’era omogeneità politica tra Boldrini e Grasso. Stavolta, con Fico e Casellati, i tempi potrebbero allungarsi ulteriormente. Sarà quindi difficilissimo avere un nuovo Upb pienamente legittimato prima della Nadef. E senza un accordo politico rapido e forte c’è il rischio che tutta la sessione di bilancio resti scoperta. Oltre che una ferita istituzionale sarebbe una figuraccia internazionale.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali