Foto LaPresse/Anteo Marinoni

Il problema del Mose adesso sono i debiti

Giorgio Barbieri

Oltre duecento milioni di euro in sospeso: le imprese impiegate nei cantieri minacciano di non proseguire i lavori di ristrutturazione. E a novembre tornerà l'acqua alta

Le acque tornano a farsi agitate intorno al Mose, la grande opera che protegge Venezia dalle maree eccezionali. Ma questa volta i problemi non sono giudiziari o di ingegneria idraulica dato che l’opera ha già dato buona prova di sé. Sulle grandi dighe ora pesa la montagna di debiti (oltre duecento milioni di euro) accumulati dal Consorzio Venezia Nuova, il concessionario che nel 1984 ha avuto dallo stato l’incarico di costruire la grande opera da oltre sei miliardi.

 

I numerosi turisti che in questi giorni sono tornati ad affollare piazza San Marco si sono divertiti ad assistere a fenomeni di acqua alta anomala per il mese di agosto. Il livello sabato sera si è fermato a 105 centimetri, una misura per la quale il Mose non entra comunque in funzione. Si è trattato di un fenomeno che, pur non destando particolari preoccupazioni tra i veneziani, ha fatto però accendere una spia di allerta tanto nei palazzi che si affacciano sul Canal Grande quanto in quelli dei ministeri a Roma. Tra pochi mesi, solitamente a novembre, le acque alte torneranno infatti a farsi sentire con sempre maggiore frequenza e a livelli sempre più alti. E per quella data, come è avvenuto lo scorso anno, sarà il Mose a risolvere i problemi. Ma le imprese impegnate nei cantieri minacciano di non proseguire i lavori se il Consorzio non salderà i suoi debiti.

 

Tra la fine dell’anno scorso e l’inizio del 2021 il Mose è stato sollevato una ventina di volte, sempre con una previsione di marea superiore ai 130 centimetri, evitando in ogni occasione che la città venisse allagata. Per completare l’opera, nel giugno scorso, il governo ha poi staccato un ultimo assegno da 530 milioni di euro frutto dei risparmi derivanti da minori oneri finanziari sui mutui contratti per la realizzazione dell’opera. Questi denari serviranno però per portare a termine lavori nuovi e non per saldare vecchie pendenze. “Lo stato non può certo pagare i debiti di un soggetto privato quale è e resta il Consorzio Venezia Nuova”, ha chiarito il provveditore Cinzia Zincone, “ma è chiaro che se ripartono i lavori riparte quel meccanismo che può far bene anche al Consorzio perché rimette in moto anche l’economia”.

 

I lavori alle bocche di porto della laguna non sono ancora terminati. E oggi sono fermi proprio a causa della gravissima crisi di liquidità che ha colpito il Consorzio. Una crisi che si sta allargando anche ai lavoratori, tanto che i sindacati minacciano il blocco dei cantieri con inevitabili ripercussioni sul futuro utilizzo delle dighe. Nel frattempo di Mose si è tornato a discutere in tribunale a Venezia: accanto a un commissario straordinario per il completamento dell’opera, Elisabetta Spitz, il governo ha nominato un commissario liquidatore del Consorzio, Massimo Miani, il cui compito è proprio riportare sotto controllo la situazione debitoria e poi sciogliere l’associazione di imprese, una volta completata l’opera. Dopo che il tribunale ha respinto la proposta di ristrutturazione del debito per l’opposizione di diverse imprese creditrici, la strada obbligata per il commissario è stata quella di una richiesta di concordato preventivo con la nomina da parte del tribunale di altri due commissari.

 

Il governo, che solo poche settimane fa ha raggiunto lo storico risultato di mettere al bando le grandi navi da crociera dal bacino di San Marco, vigila su quanto sta accadendo. Il tempo per sistemare le cose c’è, ma è chiaro a tutti che a novembre le immagini di una Venezia nuovamente aggredita dalle acque alte rappresenterebbe un danno d’immagine enorme.

 

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