Il green pass in fabbrica e i primi ripensamenti dopo le sportellate

Nunzia Penelope

I sindacati aspettano di essere convocati da Draghi. Si ragiona sull'aggiornamento dei protocolli anti Covid su cui imprese e parti datoriali avevano trovato l'accordo lo scorso aprile 

Dopo le barricate, il ripensamento. Dopo l’aut aut, il ragionamento. Sindacati e imprese, dopo le polemiche sul green pass obbligatorio in azienda, ipotizzato da Confindustria nell’ormai famosa lettera della Dg Francesca Mariotti, abbassano i toni e cercano di capire come gestire la faccenda. Una posizione definita ancora non c’è: né unitaria tra Cgil, Cisl e Uil  (non c’è stato materialmente il tempo di confrontarsi, spiegano i sindacalisti) ma nemmeno, per ora, nelle singole organizzazioni. Carlo Bonomi, in una intervista al Corriere, ha ammorbidito i toni, offrendo ai sindacati un’intesa. Per contro, le parole tranchant di Maurizio Landini, che commentando la mail confindustriale aveva dato la colpa al “colpo di caldo”, ha destato qualche perplessità all’interno della stessa Cgil. Un’uscita estemporanea, che ha rischiato di dare un messaggio sbagliato, tanto più che proprio la confederazione di Corso Italia è molto rigorosa su sicurezza e vaccini: lo stesso Landini ha effettuato entrambe le vaccinazioni e dispone del green pass, così come i colleghi di segreteria; sarebbe paradossale passare per “simpatizzanti” No vax.


Le critiche a Confindustria però restano tutte, e la mail della Dg continua a essere considerata una sgradevole ingerenza dai sindacalisti. Non manca chi ricorda che la stessa Confindustria non era così preoccupata per la salute nella primavera del 2020: “Loro – dicono per esempio alla Fiom – volevano tenere tutto aperto e facevano pressioni sul governo perché non imponesse le zone rosse, sono stati gli scioperi  spontanei dei lavoratori nelle fabbriche italiane a costringerli a trattare”.  Ma la preoccupazione per come procedere in autunno, come garantire da un lato la salute sul lavoro, dall’altro i diritti dei singoli, e soprattutto come evitare una nuova botta all’economia, è comune: nei sindacati così come tra i lavoratori e nelle imprese. Che occorra trovare una soluzione, insomma, nessuno lo nega. Il problema è come procedere. Il sindacato (ma anche la Confindustria, in verità) ritiene che la prima mossa non possa che essere un intervento del governo: non sono le parti sociali che possono decidere i green pass, spiegano nelle centrali sindacali di Cgil, Cisl e Uil, perché i lavoratori sono prima di tutto cittadini, e i vaccini difficilmente si possono imporre senza sollevare problemi etici. Ma è certamente fondamentale convincere la maggior parte dei lavoratori a vaccinarsi, lanciando segnali univoci.


In attesa che Draghi convochi le parti sociali per discutere le misure sul lavoro, come ha annunciato di voler fare, il percorso su cui si sta ragionando in questi giorni, e su cui ci sarebbero già stati contatti informali tra sindacati e parti datoriali, verterebbe sull’aggiornamento dei protocolli realizzati assieme da Cgil, Cisl Uil e Confindustria: e cioè i testi della primavera 2020, relativi alle misure di sicurezza sui luoghi di lavoro, e del 6 aprile scorso, sulla campagna vaccinale da effettuarsi direttamente nelle aziende. Il primo testo, richiamato anche da Bonomi nell’intervista, ha consentito di tenere aperte le attività manifatturiere malgrado il lockdown. Realizzato con la consulenza di virologi ed epidemiologi, partorito dopo una riunione via web tra le parti sociali durata ben 12 ore, e poi tradotto in provvedimento governativo dal Conte Bis, secondo alcuni sarebbe sufficiente, ancora oggi, a garantire la sicurezza nelle fabbriche, poiché già prevede le misure chiave: distanziamento, disinfezione, mascherine e tamponi periodici a tutti i dipendenti. Un altro aggiornamento si potrebbe fare sul secondo protocollo: la campagna vaccinale nelle aziende sembra infatti non stia dando i risultati attesi. Malgrado le oltre 700 imprese che hanno aderito, non sarebbero in realtà moltissime quelle che hanno avviato un hub vaccinale efficace. In Veneto, per dire, regione ad alta vivacità imprenditoriale, sono solo tre gli hub aziendali che lavorano a pieno regime: Luxottica, Marzotto, e la Aermec dei Riello. Un rilancio del progetto, dunque, sarebbe utile e necessario. Su questo terreno i sindacati e la Confindustria non dovrebbero avere difficoltà a trovare un’intesa, lasciando da parte gli aut aut.

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