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la proposta

Come rendere la fatturazione elettronica degna dell'èra Recovery

Mentre l’attenzione generale è catalizzata da discussioni su cifre a nove zeri, ci sono riforme con costi ben più contenuti che potrebbero produrre effetti a catena positivi per l’economia in generale

Al direttore - Per gli storici del futuro questa sarà l’era del Recovery Fund, quella dei grandi investimenti per fare ripartire l’Italia dopo la pandemia. Tuttavia, mentre l’attenzione generale è catalizzata da discussioni su cifre a nove zeri, ci sono riforme con costi ben più contenuti che, se attuate, potrebbero produrre effetti a catena positivi per l’economia in generale, e per le imprese in particolare. La fatturazione elettronica è stata il pilastro dell’agenda digitale italiana di maggiore successo. Ha consentito di recuperare nel 2019 e nel 2020 complessivamente circa 7,5 miliardi di euro di imposte evase, ha favorito le imprese che, a fronte di un periodo di adattamento con qualche complicazione, hanno beneficiato di una semplificazione burocratica e dell’introduzione della dichiarazione IVA precompilata per le operazioni poste in essere dal 1 gennaio 2021. Ma si potrebbe fare molto di più. Se nella e-fattura fosse indicata anche la data di avvenuto pagamento si potrebbero ridurre i tempi, oggi troppo lunghi, dei pagamenti commerciali che espongono a maggiori rischi soprattutto le PMI. Secondo il Cerved, nel 2020 le 160mila PMI italiane con 1.054 miliardi di euro di fatturato avevano 228 miliardi di debiti finanziari e 250 miliardi di crediti commerciali. Questi, prima del COVID, erano il 26,1% del fatturato, in calo rispetto al 31,7% del 2011 quando, dopo la doppia crisi finanziaria, erano sopravvissute solo le imprese che avevano migliorato la propria patrimonializzazione, ridotto l’indebitamento e, grazie al calo dei tassi di interesse, anche gli oneri finanziari. Poi è arrivato il lockdown. I giorni di ritardo nei pagamenti dei crediti commerciali sono schizzati rapidamente ai massimi livelli degli ultimi sei anni, aumentando del 30% per le piccole imprese, del 25,3% per le medie ma appena del 6,8% per le grandi imprese. Peggio, ma con le stesse differenze, è andata per i mancati pagamenti, che nei settori più colpiti hanno raggiunto il 70% del volume di affari. Se la data di pagamento delle fatture fosse nota, si potrebbero elaborare in automatico degli indicatori di puntualità. Le banche potrebbero usarli per concedere più credito a chi paga puntualmente. Ma l’informazione sarebbe utile anche ai fornitori per decidere se evitare di vendere ai clienti in ritardo sistematico o aumentare i prezzi. Non solo, le banche potrebbero molto più facilmente cartolarizzare le fatture commerciali scontate per ridurre la concentrazione dei propri rischi (settoriali, territoriali, dimensionali) e ridistribuirli generando così liquidità da reimpiegare in ulteriore credito. D’altronde, con tassi così bassi e stabili, il problema per clienti e fornitori non è più il costo del debito ma la disponibilità di liquidità. Allora, forse questo è il momento giusto per indurre le imprese a ridurre i tempi dei pagamenti e magari chiedere il versamento dell’Iva sull’incassato, con un ulteriore beneficio per la liquidità delle imprese. Non sarebbe facile da realizzare anche se contribuirebbe certamente a contrastare le frodi IVA. Nella grande riforma della fiscalità appena prospettata dal Presidente Draghi sarebbe un piccolo tassello ma, a volte, anche piccoli cambiamenti possono portare grandi risultati.

 

Maria Pierro, Università dell’Insubria
Francesco M. Sacco, Università dell’Insubria
Stefano Quintarelli, Copernicani

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