Tutte le McKinsey del governo Conte che scrivevano davvero il Recovery

Luciano Capone

Lo scandalo dell'ex premier e dei suoi ex ministri Boccia e Provenzano per il contratto con una società di consulenza è ipocrisia o candore. Durante il loro governo avevano ruoli ben più importanti: PricewaterhouseCoopers (PwC), attraverso un contratto con Cdp, per mesi si è occupata del contenuto dei progetti da inserire nel Pnrr;  Oliver Wyman ha scritto il piano di Alitalia; Boston Consulting quello di Ilva

Ciò che più sorprende del finto “caso McKinsey” sono lo stupore e l’esecrazione con cui esponenti del governo Conte hanno accolto la notizia del coinvolgimento della società americana sul Recovery plan. In realtà sarà un semplice supporto tecnico, che non riguarda la definizione dei contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Eppure: “Dobbiamo richiamare i migliori nello Stato, magari tra i giovani, non delegare a privati esterni funzioni fondamentali”, ha dichiarato l’ex ministro per il Sud Peppe Provenzano. “Con tutto il rispetto per McKinsey, se le notizie uscite oggi fossero vere, sarebbe abbastanza grave” ha commentato l’ex ministro dem per gli Affari regionali Francesco Boccia. Attraverso il Fatto quotidiano sono trapelati gli umori dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha avuto un colloquio con Beppe Grillo nella sua villa di Bibbona per decidere il futuro del M5s. Per il giornale vicino all’ex premier, Conte è “critico sulla decisione” del governo Draghi “di arruolare consulenti esterni (e privati) a partire da McKinsey per lavorare sul Recovery plan, mentre il suo governo aveva consultato solo tecnici delle partecipate di Stato (come Cdp e Invitalia)”.

 

Le reazioni degli ex ministri sono fortemente esagerate, in primo luogo perché il ruolo di McKinsey è stato fortemente ridimensionato rispetto a ciò che avevano riportato i media. “Nessuna struttura privata prende decisioni o ha accesso a informazioni privilegiate o riservate. Il contratto, che era già aperto, riguarda la produzione di cronoprogrammi, aspetti metodologici nella redazione del piano, aspetti più editoriali che di sostanza: non c’è alcuna intromissione nelle scelte, questo vorrei fosse chiaro”, ha dichiarato ieri in audizione il ministro dell’Economia Daniele Franco. Ma in secondo luogo, ciò che rende queste reazioni completamente fuori luogo è il fatto che anche il governo Conte II aveva rapporti stabili con McKinsey, che ha collaborato col Mef anche, da ultimo, al perfezionamento dei decreti “Ristori”. Ma oltre a McKinsey, sono tante altre le società di consulenza che hanno avuto durante il governo Conte un ruolo importante, sicuramente più incisivo, sul Recovery plan rispetto a quello della società americana ora nell’occhio del ciclone.

 

Conte, stando a quanto riporta il Fatto quotidiano, afferma che il suo governo avrebbe consultato solo partecipate pubbliche come Cassa depositi e prestiti. Ma nel suo lavoro di “pivot” per tutte “Missioni” del Recovery plan su cui il governo le ha chiesto supporto, Cdp si è affidata a una delle Big Four della consulenza come PricewaterhouseCoopers (PwC). E la multinazionale britannica, che lavora a questo progetto con un team di circa 10 persone senior e junior, si occupa da mesi proprio del contenuto dei progetti da inserire nel Pnrr: accesso alle informazioni, preparazione dei documenti, verifica della cantierabilità dei progetti e della congruità rispetto agli obiettivi; riscrittura dei progetti in caso di criticità... Data l’importanza del lavoro, l’impiego di risorse umane e la durata dell’incarico, nel caso di PwC parliamo di un contratto che ha sicuramente un costo di un ordine di grandezza superiore ai 25 mila euro di McKinsey. Quindi è vero che Conte ha individuato Cdp come “pivot” per il Recovery, ma a sua volta la Cassa si è affidata a professionalità esterne. Ed è impossibile pensare che al governo nessuno lo sapesse, visto che il team di PwC lavorava a stretto contatto con tutti i ministeri coinvolti.

 

E ovviamente non si tratta dell’unico caso. Le società di consulenza sono state assoldate dal governo Conte per risolvere tutte le principali partite. Ad esempio, per la stesura del piano industriale di Alitalia (ormai da riscrivere), il governo Conte aveva scelto come advisor Oliver Wyman, una concorrente americana di McKinsey. Per il piano industriale dell’ex Ilva, nel cui capitale entra con Invitalia, il governo si era affidato a un’altra big della consulenza globale come Boston Consulting. E questo dovrebbero saperlo due ex ministri meridionali Boccia e Provenzano, visto che Ilva è la principale crisi industriale del Mezzogiorno e sarà anche al centro del Recovery plan. Tralasciamo infine, per carità di patria, il ruolo delle società di consulenza domestiche come nel caso del “Piano nazionale per l’Innovazione” scritto con il contributo di Davide Casaleggio. Insomma, nella reazione di Conte, Boccia e Provenzano non si comprende se prevalga l’ipocrisia o il candore. Si spera la prima, perché se fosse il secondo vuol dire che erano al governo senza rendersi conto di aver affidato decisioni importanti a multinazionali della consulenza strategica.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali