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L'euro potrebbe sostituire il dollaro come valuta di riserva globale

Giovanni Pitruzzella

La moneta americana ha perduto circa il 12 per cento nei confronti di quella europea. E' una caduta destinata a continuare e mettere in discussione la sua egemonia nel sistema finanziario mondiale?

Il neopresidente del Consiglio europeo, in un’intervista al Monde, ha definito il Next Generation Eu una “evoluzione copernicana” le cui conseguenze possono essere molteplici andando anche oltre le decisioni prese. Una di queste potrà riguardare un più forte ruolo internazionale dell’euro, che in questi giorni la stampa internazionale non ha mancato di sottolineare. Il Financial Times del 31 luglio, per esempio, ha messo in evidenza come lo scorso mese la moneta americana ha dato la peggiore performance degli ultimi dieci anni. Dopo marzo, il dollaro ha perduto circa il 12 per cento nei confronti dell’euro, mentre le quotazioni dell’oro sono cresciute del 30 per cento dall’inizio dell’anno. La questione dibattuta è se la caduta del dollaro è destinata a continuare mettendo in discussione la sua egemonia nel sistema finanziario mondiale.

   

Certamente il dollaro resta la moneta utilizzata dalle Banche centrali per le loro riserve in valuta estera (secondo il Financial Times, copre il 62 per cento delle riserve, in diminuzione dopo il 2008 di soli due punti, mentre l’euro dopo il 2008 è passato dal 28 per cento al 20 per cento) e la maggior parte delle transazioni globali sono denominate in dollari. Tuttavia c’è chi sostiene che il privilegio del dollaro è arrivato al termine, come argomentano Stephen S. Roach, professore a Yale, e Patrick Artus, capo economista di Natixis, citati dal Monde in un articolo del 5 agosto.

  

In primo luogo, gli Stati Uniti immetteranno nell’economia una massa monetaria maggiore di quanto avviene in altre aree economiche a causa di un deficit di bilancio che dovrebbe arrivare, nel 2020, al 23,8 per cento del pil, più del doppio della zona euro (11,7 per cento), mentre la politica della Fed si manterrà ancora più accomodante di quella di altre Banche centrali, rafforzando le aspettative di tassi di interesse prossimi allo zero.

  

In secondo luogo, le difficoltà con cui gli Stati Uniti hanno gestito la pandemia, una politica con una polarizzazione crescente e potenzialmente disfunzionale, la tendenza a sciogliere i legami con le altre economie mondiali, accentuano il sentimento di sfiducia. Di contro, l’Unione europea ha dato prova di sapere reagire rapidamente lanciando un piano di rilancio economico e rafforzando l’integrazione della zona euro, mentre l’indipendenza della sua Banca centrale e il mandato di garantire la stabilità dei prezzi, la rende un po’ meno esposta ai rischi di inflazione.

  

Le monete operano come un sistema di vasi comunicanti, dove ogni valuta vale in rapporto alle altre e oggi una parte del risparmio che andava a riversarsi nei mercati finanziari americani sembra rivolgersi verso l’euro. Si aggiunga che, in un articolo su Foreign Affairs, Simon Tilford e Hans Kundnani sostengono che lo stesso governo americano potrebbe essere favorevole ad abbandonare l’egemonia del dollaro, perché la diminuzione del suo valore premierebbe le esportazioni e quindi l’industria manifatturiera.

  

Se la tendenza dovesse consolidarsi potrebbe crescere il ruolo dell’euro come valuta di riserva e come mezzo di pagamento negli scambi globali, secondo una prospettiva che la precedente Commissione europea auspicava in una sua comunicazione del dicembre 2018.

  

La tendenza – la cui consistenza è tutta da verificare – può interagire con il ruolo geoeconomico e geopolitico dell’Unione europea. Da un lato, il rafforzamento internazionale dell’euro sarebbe espressione dell’Unione come area aperta all’integrazione globale e rafforzata nella sua governance economica. Il rafforzamento del ruolo internazionale dell’euro si collegherebbe infatti alla scelta di mantenere una politica commerciale comune che salvaguarda i princìpi del libero commercio, sia pure in un quadro rivisto per fare fronte a fondamentali esigenze (come la lotta al cambiamento climatico). Dall’altro, rafforzerebbe la sovranità economica dell’Unione, la cui economia sarebbe meno dipendente dalle scelte di politica economica effettuate dal paese che gode del privilegio di emettere la valuta globale. Sarà interessante vedere se l’insieme degli sviluppi richiamati contribuirà anche ad accrescere il ruolo geopolitico dell’Unione europea.

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