(foto LaPresse)

Non si può più scherzare sul lavoro

Redazione

Subito il Mes per prevenire l’autunno nero e il gran ballo dei mercati

Se un dirigente sindacale storicamente riformista, e che pagato il proprio riformismo a suon di minacce, come il segretario dimissionario della Fim-Cisl Marco Bentivogli ha parlato di “autunno terribile” per il lavoro, bisogna prendere la situazione seriamente e affrontarla con urgenza, mettendo da parte la flemma di chi vorrebbe aspettare settembre per lanciare il “recovery plan” italiano (più presto, caro Conte). Ieri si sono mobilitati congiuntamente i sindacati metalmeccanici, a Roma in piazza del Popolo, e la Federmeccanica, che riunisce 16.000 imprese con 800 mila addetti. Quest’ultima prevede che un’azienda su tre dovrà licenziare, il che nella migliore delle ipotesi significa che 5 mila imprese lasceranno a casa 250 mila lavoratori. Nella fase iniziale del Covid il lavoro è stato posto in respirazione artificiale: cassa integrazione estesa alle microimprese con un solo dipendente, divieto di licenziamento. Per le due misure, che non hanno la stessa scadenza, si parla di proroga a tutto il 2020. Il che significa però prolungare la vita artificiale.

 

E’ la linea di Conte e del M5s, non condivisa dal Pd che chiede di rimpiazzare la cassa integrazione con incentivi alle aziende che tengano la manodopera. Una sorta di partita di giro con un solo potenziale vantaggio: se si erogano gli incentivi non a pioggia ma ai settori trainanti per innovazione (l’auto, le filiere digitali), ad alta intensità di manodopera (l’edilizia), alle agognate grandi infrastrutture, al turismo. Con una condizione: che siano soldi ben spesi. Dopodiché è anche lecito assistere i restanti più deboli. Però il governo si accinge a chiedere l’autorizzazione per altri 20 miliardi di extradeficit: poiché finora il Tesoro si è indebitato per 93 miliardi significa arrivare a 113, sette punti di pil. Ovvero avviarsi verso quel limite percentuale del 150-160 oltre il quale finirà la relativa benevolenza dei mercati. L’alternativa è accettare i fondi europei, da Sure al Mes, passando per il Recovery fund che Bruxelles vuole anticipare a metà luglio. Ripetere, come fa Conte, “accetteremo il Mes se lo fa la Francia” non ha senso: Parigi riesce a finanziarsi allo 0,2 per cento, un settimo dei Btp, e non rischia il default. Noi rischiamo dopo l’autunno nero il crac sui mercati.

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